Tutte le strade portano a Roma!

Questo affermavano pressappoco duemila anni fa le persone che vivevano nell’impero che al mondo si è fatto ricordare per il maggior grado di civiltà dei tempi remoti: l’impero romano.

Già prima della nascita di Gesù Cristo, i romani costruivano strade che ancora oggi restano visibili e, volendo, agibili; certo, strade che per i nostri tempi “moderni” non sarebbero adeguate ma che all’epoca erano dei veri e propri capolavori. Tutte le strade romane erano lastricate per evitare che le piogge le rendessero fangose ed impraticabili, addirittura avevano la conformazione che ancora oggi è conosciuta con il nome di schiena d’asino, ossia erano più alte al centro e più basse ai lati per far sì che l’acqua piovana non si accumulasse su di esse e scorresse via mediante cunette laterali. Alcune di queste strade non sono mai state dismesse, come la via Aurelia che dalla Gallia portava a Roma e che ancora oggi, anche se con tante modifiche, collega, con il nome di Strada statale 1 via Aurelia, la Liguria alla capitale. Con il tempo queste strade si sono adeguate alle moderne tecnologie, sono state ripensate per essere percorse a velocità più elevate rispetto a quelle dei carri romani, sono state ricoperte con un materiale che i romani sconoscevano, l’asfalto, ma non si può fare a meno di pensare che su di esse  risuonavano i sandali dei soldati romani o le ruote dei carri dei commercianti di quella civiltà che ha dato origine a città come Londra e Francoforte senza contare quella che viene generalmente indicata come Città eterna, Roma. 

Ebbene cosa penserebbero quei commercianti o quei guerrieri che all’epoca percorrevano strade lastricate di basole in pietra, maleodoranti a causa degli olezzi dovuti alle urine che gli utenti lasciavano lungo il percorso quando la necessità diventava impellente, se dovessero percorrere alcune “moderne” strade italiane, a cominciare proprio da quelle della nostra capitale, della Città eterna. Sicuramente si scandalizzerebbero di dover percorrere strade il cui fondo diventa un vero e proprio trabocchetto a causa delle voragini a cui non erano certo abituati e criticherebbero il fatto che, nonostante le moderne tecnologie ed i moderni materiali, queste strade siano meno sicure di quelle dei loro tempi che pure erano lastricate in modo grossolano. I romani ci hanno lasciato opere che dopo oltre duemila anni sono ancora in piedi e volendo potrebbero essere ancora utilizzabili, un esempio per tutti i famosissimi acquedotti ancora perfettamente visibili ed almeno uno di essi ancora perfettamente funzionante, quello che porta l’acqua nella fontana più famosa del mondo, Fontana di Trevi. E invece oggi, pur avendo a disposizione il cemento armato, dobbiamo assistere al crollo di ponti che in quanto a vecchiaia sono degli infanti se paragonati a quelli di epoca romana che stanno lì a far bella mostra di sé stessi e delle capacità immense dei nostri progenitori di costruire infrastrutture.

Se è vero che il grado di civiltà di un popolo si misura anche mediante l’utilizzo che fa delle proprie strade allora dobbiamo dire, che in alcuni casi, dimostriamo di essere veramente degli incivili, e ci arroghiamo, nel nome dell’uso dello smartphone o del “ti sorpasso perché vai troppo lento”, lo ius vitae vel mortis, il diritto di vita o di morte di chiunque stia percorrendo la nostra medesima via. Nulla ci fa paura perché siamo talmente abituati ai videogiochi che la vita vera, quella reale, ci sembra non sia una vita a termine e così, pensando che in caso di incidente basti ricominciare il gioco, perdiamo coscienza del fatto che, purtroppo, se quando siamo alla guida di una macchina o di una moto andiamo a sbattere, a volte non sarà possibile ricominciare. E allora cosa penserebbero i nostri antenati della nostra dabbenaggine?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Emilia Capo, 5^ D no