Studiare all’estero per una società inclusiva

Lo studio delle lingue e delle letterature straniere, la scoperta e il confronto con il patrimonio paesaggistico, culturale e artistico altrui, le esperienze di vita fondate sulla condivisione di abitudini e valori alternativi ritengo siano fondamentali a favorire la creazione di una comunità internazionale pacifica e armonica. 

Creare una comunità mondiale pacifica e armonica potrebbe sembrare un’utopia, date le forti differenze che si trovano tra le varie etnie, come il modo di pensare dei popoli occidentali che diverge in molti contesti da quello degli orientali. 

La realizzazione di una comunità unita è ancora più difficile da credere notando l’incapacità che l’uomo ha sempre avuto nel provare a conoscere gli usi e costumi delle società altrui, che molte volte cambiano anche all’interno di uno stesso paese, un esempio ancora oggi attuale è dato dal divario della regione italiana tra nord e sud, settentrione e mezzogiorno, problematica risalente all’Unità d’Italia nel 1861, ovvero oltre circa 160 anni fa. 

Personalmente non mi sono mai ritrovato ad affrontare comportamenti di discriminazione e pregiudizio, ma li conosco, basti pensare cosa succede quando un italiano dal sud si trasferisce al nord, e viceversa, e come si venga subito classificati in ‘terroni’ o ‘polentoni’. 

Inoltre, ho notato che online è più probabile trovare persone che si accaniscano per via della diversa etnia, anche se questo è un argomento che si affianca più al cyberbullismo, in quanto è facile infierire dietro uno schermo, contro chi neanche si conosce: un mio amico, il quale non ha molto la cadenza napoletana, appena si veniva a scoprire della sua provenienza veniva deriso ed etichettato con quei classici e ormai tipici, a mio parere ‘ignoranti’ stereotipi, precostruiti e generalizzati, non acquisiti sulla base di un’esperienza diretta e che trascurano la valutazione dei singoli casi.

Una riflessione che sorge spontanea è che, quindi, prima di poter provare a creare una comunità mondiale pacifica, bisognerebbe almeno cercare di rendere uniti gli stessi paesi, evitando discriminazioni territoriali o semplicemente di mentalità. Lo studio di una cultura, di un luogo, di un popolo con il quale ci si va interfacciare, facilitano la possibilità di riuscire a tenere unite le popolazioni; perché la cultura, porta a riflettere, e di conseguenza a rispettare abitudini, tradizioni, e modalità di pensiero diverse. A mio parere, potrebbe aiutare il provare a vivere esperienze nuove, come il trasferirsi in un altro paese, per scoprire durante la convivenza le diverse e ambivalenti abitudini e tradizioni, analizzare il tutto e finalmente comprenderlo oltre che conoscerlo; sarebbe, inoltre, interessante e istruttivo il condividere le proprie realtà. Grazie al progetto ‘anno all’estero’, a Napoli, nei licei a partire dal quarto corso, è possibile andare a vivere con una famiglia per un anno in un’altra città, nel paese che si preferisce o dove si vince la borsa di studio.

Ritengo che l’istruzione e una buona educazione siano necessarie e che debbano essere impartite già in tenera età. Presumo che tutto ciò sia necessario e indispensabile per l’eventuale realizzazione di una comunità unitaria, anche se credo che se mai si riuscisse a formare sarà solo in un futuro molto lontano, in quanto ormai viviamo in un mondo superficiale dove non conosciamo neanche noi stessi e dove l’istruzione è trascurata non solo dagli alunni, ma anche dalle istituzioni, il cui unico obiettivo è essere in tempo con il programma di studi.

Ciro Rumolo, III A