Petrarca…il II poeta della tre Corone

 

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Nel Petrarca, sebbene in maniera diversa rispetto alla precedente tradizione lirica, la confessione non è mai propriamente diretta; con una carica di soggettività senza paragone più forte, tende nondimeno a trasferirsi su un piano oggettivo”.

Dalla lettura delle opere petrarchesche emerge la grande importanza che l’autore annette all’espressione dei sentimenti, dei travagli interiori, dei moti dell’animo e della coscienza che riesce a esprimere in modo assai realistico con uno stile ricercato ed elaborato. Anche questa sua “ostinata” ricerca stilistica fa capire come l’autore voglia, attraverso l’esposizione dei propri ragionamenti e delle proprie insofferenze più profonde, ergersi a simbolo della sua epoca di trapasso, descrivendo pensieri e sentimenti universali, di una società in crisi, nel passaggio dagli ideali del Medioevo a nuovi valori in formazione, più materiali e terreni.
Particolarmente significativo, a tal proposito, il racconto dell’Ascesa al Monte Ventoso, nel passo riportato di S. Agostino “E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, … e trascurano se stessi” dove si intende che il valore dell’interiorità deve primeggiare rispetto alla forma esteriore; o nella sua successiva riflessione “…dagli stessi filosofi pagani, avrei dovuto imparare che niente è da ammirare, tranne l’anima, di fronte alla cui grandezza non c’è nulla di grande”, dove Petrarca vuole esaltare i valori cristiani attraverso una frase di Seneca, filosofo pagano della tradizione classica, ispiratrice della saggezza cristiana.

Come nessuno Petrarca è stato capace di mettere in luce le contraddizioni profonde del suo tempo e di travalicare i confini spaziali e temporali del suo mondo e della sua epoca.
La sua sofferenza, come dice Agostino nel Secretum, è “una funesta malattia dell’animo …accidia …”, per cui, Petrarca dice: “tutto è aspro, doloroso e orrendo;” e addirittura talvolta: “…la mia giornata non più per me luce né vita, ma è come notte d’inferno e acerbissima morte”. La figura del Petrarca emerge rispetto a quelle degli autori a lui contemporanei grazie alla sua poetica, insolita proprio perché espressione del suo particolare dissidio interiore.

Di sicuro, questo suo disagio spirituale gli deriva principalmente dalla sua tormentata attrazione per Laura, verso la quale nutre sentimenti discordanti, a volte un amore incontenibile, di una natura differente da quella dell’amore decantato dallo stilnovo, a volte una repulsione per questo amore che lo allontana dalla dovuta attenzione a Dio e dal raggiungimento della santità.

Il suo conflitto interiore nasce, quindi, da una lotta continua dovuta alla sua consapevole incapacità di scegliere tra due desideri, da una parte un amore che assume i contorni del peccato, al contrario di quelli dell’ascesi che erano proposti dalla poetica precedente, dall’altra la volontà di dedicarsi completamente allo sviluppo della propria dimensione religiosa e a Dio.
Di questo dissidio si può dire che è segno del travaglio culturale di un’intera epoca, anzi che è quasi come un’immagine riflessa di questo particolare contesto, perché ciò che accade nel cuore del Petrarca é estremamente simile a quello che accade nella realtà del periodo in cui il poeta vive.

L’opera che mi è parsa più esemplificativa del conflitto spirituale e quindi anche di quello storico è Il Canzoniere, oltre al Secretum, perché tutta la raccolta ruota intorno alla figura di Laura e ai sentimenti discordanti del poeta, essendo addirittura la sua divisione nelle due parti legata alla morte e alla vita della donna amata.  Tornando alla questione del travaglio storico, quello che sostanzialmente accade è questo: l’epoca medievale è terminata e, con essa, è tramontata anche la concezione di centralità nella vita e nel mondo del divino.

L’uomo non ha più come priorità la santificazione e la vita secondo la morale cristiana, ma si fa strada nel suo cuore l’idea della realizzazione di se stessi e dei propri desideri senza il mantenimento di Dio come riferimento ultimo della storia e della e della propria esistenza.
Quello che sarà in ambito culturale e artistico il momento della rinascita, è anche vero che sarà l’inizio del processo di paganizzazione secolare che si protrarrà poi lungo le epoche della storia successiva.

Cosi Petrarca nella maggior parte delle sue poesie, riprendendo spesso i temi dello stilnovismo, esalta la figura di Laura e trasmette al lettore la descrizione di un’attrazione prettamente sensuale che è  fonte di peccato. Dalla consapevolezza di questo suo “giovanil errore”, così chiamato nel sonetto proemiale “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, deriva il perpetuo contrasto dei sentimenti provati che più volte lo spinge ad intraprendere un cammino di purificazione e a manifestare il suo pentimento dinanzi a Dio, così da potersi finalmente definire un “altr’uom”. Tuttavia, in un primo momento risulta difficile per Petrarca ammettere il carattere “peccaminoso” del suo amore, come dimostrato nel III libro del Secretum, in cui alle continue accuse rivoltagli da Sant’Agostino, Petrarca tenta di difendersi invano parlando di Laura come di colei che gli ha permesso di amar Dio.

Inoltre, poiché non riesce a mantenere fede ai suoi propositi e volge nuovamente la sua attenzione verso Laura, per quanto indifferente nei confronti del poeta, prova un’immane vergogna che accresce in lui la necessità, manifestata all’interno del sonetto Solo et Pensoso, di isolarsi dal mondo, temendo le critiche che gli potrebbero essere rivolte dalla gente (Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono). Nella vita reale ciò si riflette nei numerosi ritiri di Petrarca a Valchiusa, durante i quali spera di poter trovare finalmente la tranquillità.

Questa debolezza spirituale con il tempo arriva ad assumere il carattere di una vera e propria malattia: l’accidia, l’inerzia morale, uno dei sette peccati capitali. Essa viene esaminata accuratamente (insieme agli altri peccati) nel II libro del Secretum e qui definita come fonte prima di rovina e sofferenza che annulla ogni possibilità di scelta e d’azione, costringendo l’uomo ad arrendersi; è qualcosa che “prende talvolta così tenacemente, da tormentarmi nelle sue strette giorno e notte, e allora la mia giornata non ha più per me né luce né vita, ma è come notte d’Inferno e acerbissima morte” (Secretum, Libro II).

Per concludere, è importante dire che il conflitto interiore di Petrarca non giunge a soluzione, ma resta aperto all’infinito. Ciò significa, riprendendo quello che si è detto all’inizio, che la conciliazione tra la sfera divina e quella umana in un’epoca come questa non può avvenire. Petrarca stesso ignora come raggiungere la pace talmente desiderata da divenire il tema principale della preghiera rivolta alla Vergine Maria, posta a chiusura del Canzoniere, giacché, per esempio, anche la stessa morte, che nella concezione cristiana è vista come fine dei mali per tutti coloro che hanno sofferto, da Petrarca è percepita invece come un “dubbioso passo”, perché pieno d’insidie e oltre il quale si nasconde l’ignoto.

 

DOMENICO MARIA PELLIGRA 3°A CLASSICO II – ISTITUTO “G. CARDUCCI” – COMISO (RG)