La solitudine della leggerezza dell’essere invisibili

 

 

A volte lascio il mondo andare avanti,
guardo semplicemente, inesorabilmente le cose accadere,
gli amori spezzarsi,
le persone allontanarsi,
i piccoli germogli sul prato schiacciati dai bambini che corrono per acciuffarsi.
Un treno che corre nei suoi binari,
e una ragazza in attesa tra due fermate.
Per chi come me, la vita la vede da lontano,
vive il mondo negli occhi degli altri,
vede il sole sorgere sempre da oriente,
i giovani inseguire sogni infranti
e i bambini aggrapparsi ai desideri sulle stelle.
Per chi, come me, gli occhi ce li ha saturi,
vede più di quanto ci sia da vedere,
vive nei sorrisi degli altri,
nei baci furtivi, rubati di nascosto, prima che qualcuno se ne accorga,
nelle mani congiunte nel buio,
nell’accorgersi di essere uomini prima che neri, bianchi, omosessuali.
E’ una vita che che sono solitaria e mi nascondo nella notte,
perché il giorno ha già le sue pene;
ma, quando ciò che vedi è il niente,
inizi a riempirlo di ricordi, di sogni, di desideri,
e quando questi sono troppi, ti ubriachi,
sprofondando in un oceano di lacrime amare,
con le iridi stracciate
degli sguardi non corrisposti.
E’ una vita che mi ripetono di essere forte,
di lottare per ciò che credo giusto,
di prendere ciò che voglio.
E’ una vita che mi ripetono di essere forte
per gli altri,
perché hanno bisogno di me,
perché stanno crollando e devo rimettere insieme i loro cocci.
Ti rompono
e ti dicono di essere forte;
ti calpestano,
e ti dicono di germogliare.
Per chi, come me, il dolore lo fa suo,
si riempie di cicatrici che non sono le sue,
così, la forza viene scambiata con la malattia,
la leggerezza dell’essere invisibili viene barattata con un mare che non fa altro che riempirsi di oro nero!
Per te, che come me, vivi al di fuori delle pieghe del tempo,
per te, che hai raccolto i miei cocci,
e che hai dipinto d’oro le mie crepe,
per te, che sei un seme dello stesso dente di leone,
sbocciato in primavera
in un campo sterminato di tulipani.
Due anime dello stesso fiore,
che sperano di volare via sulla brezza dei desideri,
ora appassiti e per sempre separati,
perché un piede incauto li ha, or ora, calpestati!

Maria Sofia Spadaro II B Liceo Classico – Istituto “G. Carducci” – Comiso (RG)