La sindrome di Hikikomori

Gli alunni della classe I E dell’Istituto Tecnico Settore Tecnologico “A. Ruiz”, sede di Priolo, si sono confrontati su un fenomeno dei nostri giorni, elaborando un interessante articolo.

 

 

La scuola è iniziata da pochi mesi e, oltre alle classiche lezioni di italiano, inglese, matematica ecc…, abbiamo affrontato un argomento che ci ha colpito molto, prendendo spunto da quanto ha accennato un medico in videoconferenza durante il progetto “Preferisco vivere” organizzato dal Comune di Priolo Gargallo. L’argomento che abbiamo approfondito e al quale abbiamo dedicato una lezione interessante è stato quello sulla sindrome di Hikikomori, che ci riguarda da vicino.

 

Con il termine giapponese Hikikomori (= “stare in disparte”) si indica chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi. Gli Hikikomori sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi, anche se il numero delle ragazze potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora.

Questo disturbo è stato osservato prima di tutto in Giappone. In Italia, soprattutto a seguito della pandemia, l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando.

La vita degli Hikikomori si svolge unicamente nella loro stanza; sanno cosa succede nel mondo attraverso i social network e trascorrono il loro tempo giocando con i videogame on-line con dei loro coetanei per ore ed ore, anche di notte.

Gli Hikikomori, oltre a non avere contatti con il mondo esterno, non li hanno nemmeno con i loro familiari e preferiscono consumare i pasti nella loro camera, da soli.

Gli Hikikomori sono spesso ragazzi sensibili, intelligenti e bravi a scuola. Sono ragazzi timidi e introversi che, schiacciati dalla società, non riescono ad integrarsi con i loro coetanei. Molti si sentono inadeguati e finiscono per considerare la loro stanzetta come l’unico luogo sicuro in cui rifugiarsi.

Spesso gli Hikikomori presentano aggressività o scoppi di rabbia e meditano il suicidio.

Ma quali sono le cause che determinano questa sindrome? Innanzitutto un forte disagio all’interno del contesto sociale e familiare (spesso la figura del padre risulta assente), ma possono esserci anche altre cause:

  • forti pressioni psicologiche da parte dei genitori sui figli
  • essere stati vittime di bullismo
  • la fobia degli altri, la paura di essere giudicati dagli altri.

L’unico percorso possibile per uscire da questa sindrome è la psicoterapia, ma si può fare tanto per evitare che un giovane cada in questo disturbo. Oggi più che mai i giovani non devono essere abbandonati, soprattutto dopo questi due lunghi anni di isolamento dovuto alla pandemia. Occorre che ci siano dei luoghi ricreativi affinché i giovani si incontrino, per stare insieme, confrontarsi e crescere, e che gli adulti (i genitori, gli insegnanti, gli amici) riescano a riconoscere in anticipo i sintomi del disturbo per agire in maniera precoce e tempestiva.

 

Gli alunni della classe IEP:

Giuseppe Albanese

Marco Cardillo

Cristian Macauda

Milian Provenzano

Cristian Spatola