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DIVIDED WE FALL – La storia del muro a mattoni bianchi pt2

Roger Waters cambia il vinile.

Il giradischi ricomincia a girare.

La musica continua, lo spettacolo riprende.

Pink non ha mai lasciato la stanza d’albergo, eppure si ha la sensazione che sia dentro il suo Muro ormai da tempo immemore.

Ha posto l’ultimo mattone, ma ora si domanda se sia stata una buona scelta.

Si trova intrappolato all’interno di una struttura fatta di dolore ed emozioni represse e in questo momento sembra cercare disperatamente qualcuno o qualcosa che possa permettergli di ristabilire un contatto col mondo esterno.

Dunque non è quando tutti i mattoncini sono stati posizionati che Pink raggiunge la pace, anzi è proprio in quel momento che, dopo l’apertura del vaso di Pandora, si palesa la speranza.

Continua a ripetere ”Hey you”, in una canzone che ne prende il titolo, proprio per richiamare l’attenzione di chi è dall’altra parte.

Però, la speranza viene fatta in mille pezzi, perché nella sua mente ancora brulicano i vermi, simbolo del degrado, i quali lo uccidono.

Questa morte, però, è solo metaforica.

Grida aiuto.

“C’è qualcuno là fuori?”

Ma, infondo, oltre il suo Muro, lo sa, non ci sarà nessuno.

Arriva la consapevolezza che la sua casa è vuota e che gli altri non provano ciò che lui prova.

I pensieri si rincorrono nella sua mente, urlano, insistono.

Vuole solo scappare dalla realtà e per farlo si rifugia nella droga, che lo anestetizza completamente.

“Non posso spiegarlo, non capiresti.

Questo non sono io.

Sono diventato piacevolmente insensibile.”

La canzone “Comfortably Numb” è un momento di calma, un’appagante alienazione che dura fino all’assolo finale: in quel momento scoppia tutto.

Pink torna lucido, solo per pochi istanti.

Vorrebbe scappare, ma non può.

“Lo spettacolo deve continuare.”

Subisce l’ennesima crisi e fugge via, ma il passato di cui ha tanto paura lo insegue, sfondando la sua porta.

È il momento in cui ogni cosa si dilegua e Pink ritorna nel mondo reale.

È stanco, ormai; stanco di non vedere più la luce del sole, dell’opprimente grigiore dei mattoni, della sua solitudine.

È stanco di scappare.

La testa gira. Si siede aspettando i vermi, il giorno del giudizio.

È il momento di abbattere il Muro.

Pink diventa il giudice di sé stesso e si condanna al ritorno tra le persone.

Finalmente il Muro crolla.
Cade, mattone dopo mattone e Pink vede tutte le persone che gli vogliono bene lì ad aspettarlo, al di là di quella barriera che per troppo tempo lo ha isolato dal mondo.

“Alcuni barcollano e cadono, dopo tutto non è facile sbattere il tuo cuore contro il muro di qualche pazzo furioso.”

“Outside the Wall” è il pezzo più significativo dell’album, un momento di rara bellezza musicale che si preoccupa di ricordarci quanto in realtà The Wall parli di vita. La stessa vita che cerca di rincorrerci ogni giorno e che ci sfida a costruire i nostri muri, e ad abbatterli.

L’assolo finale ci ridesta dai nostri pensieri. Ci si rende conto che è fuggito il tempo, che lo spettacolo è finito, che tutto ha continuato il suo normale corso.

Ma ora abbiamo la consapevolezza che forse possiamo distruggere il muro, che si può tornare a respirare l’aria fresca, quella che sgombra i pensieri.

Tuttavia la visione di Pink è pessimistica, infatti la melodia che continua e le frasi che si uniscono per fondere la prima e l’ultima canzone sono solo metafora di qualcosa di più grande: nonostante abbiamo demolito il muro, da qualche parte ne stiamo già costruendo un altro.

Eppure ci piace pensare che è vero, forse non saremo mai completamente liberi dal muro, ma, ogni volta che ci ritroveremo lì dietro, i mattoni saranno sempre più fragili.

E così, alla fine, il sipario si chiude, così come si è aperto.

Isn’t this where…

Giulia Tiranno

Alessandra Masciantonio