Mondiali in Qatar? No, valorizziamo i diritti!  

Il 20 novembre ha ufficialmente segnato la data di inizio del Mondiale 2022; un mondiale contraddistinto dalla mancata qualificazione dell’Italia che non porta però all’indifferenza dei tifosi pronti a godersi ogni partita.

Questo è un Mondiale dei primati.
Il primo torneo, dal 1928, in cui gli incontri si svolgeranno durante il periodo autunnale-invernale, a tenersi in un paese arabo.
Questa scelta ha scatenato numerose polemiche, ancor prima del fischio di inizio. Il Qatar, infatti, crea scalpore soprattutto dal punto di vista dei diritti umani.
In particolare, viene svalutata la figura delle donne, messe in secondo piano e assoggettate  dagli uomini, e le persone appartenenti alla comunità lgbt+, considerate criminali o, peggio, come ribadito dall’ambasciatore dei Mondiali Khalid Salman, malate mentali.

Perché, allora, tenere un evento tanto acclamato e seguito, in uno Stato che lede continuamente la libertà altrui?
È questa la domanda di milioni di persone, che continuano da giorni a portare avanti la loro causa sostenendo apertamente quanto, favorire una società con questi principi, sia stata una scelta inappropriata che sminuisce le lotte che ogni giorno innumerevoli persone compiono per conquistare la loro libertà.
In molti, inoltre, hanno deciso di boicottare questo Mondiale, a cominciare da star internazionali come Dua Lipa, la quale ha rinunciato a un enorme compenso che le era stato offerto per cantare durante la cerimonia d’apertura.

I capi dell’organizzazione del torneo hanno insistito col ripetere che loro avrebbero accolto chiunque purché fosse stata rispettata la loro cultura.
Eppure è stato dimostrato come numerosi alloggi e hotel abbiamo rifiutato di accettare prenotazioni da coppie dello stesso sesso, e, nello stadio, vietato ogni simbolo a favore della comunità lgbt+, come bandiere arcobaleno. Questo ha portato ad ulteriori polemiche, anche da parte delle stesse squadre che avevano deciso di indossare una fascia al braccio con un simbolo contro l’omofobia.

Questa scelta però non ha avuto lieto fine, in quanto appena la Fifa ne è venuta a conoscenza, ha deciso di “minacciare” i giocatori con l’assegnazione di un cartellino giallo a chiunque l’avesse indossata.
Per questo, molte nazionali si sono tirate indietro e hanno preferito giocare come se nulla fosse successo. Lo abbiamo potuto osservare con Inghilterra-Iran, nonostante il gesto di inginocchiarsi degli inglesi a inizio partita come protesta contro il razzismo.
“La minaccia di un cartellino giallo non impedisce ai giocatori di tuffarsi, commettere falli o insultare gli arbitri, ma ha impedito loro di mostrare solidarietà a coloro che sono minacciati di morte per amore. Che farsa”, ha commentato il comico inglese Jon Richardson.

Questo non è il solo evento incredibile verificatosi in questo incontro. Di maggiore spicco il fatto che nessuno degli 11 giocatori iraniani abbia cantato il loro inno nazionale. Si tratta di una chiara espressione di solidarietà della squadra verso le proteste in corso nel Paese da oltre due mesi per chiedere maggiori libertà.
Il capitano della squadra aveva promesso, durante un’intervista, di voler essere la voce di chi protesta.

Insomma, un Mondiale sicuramente insolito, come mai si era visto prima che ha portato innumerevoli svolte solamente nei primi giorni di evento.

 

Lisa Croce