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Germania: ritrovati antichi manoscritti su delle lezioni di Hegel

Nella Biblioteca diocesana dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, il professor Klaus Vieweg dell’Università Friedrich Schiller di Jena ha fatto un incredibile ritrovamento, grazie al suggerimento di un suo lettore: più di 4mila pagine di appunti sulle lezioni del filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel, racchiuse in cinque scatole, apparentemente ignorate per quasi 200 anni.

Una scoperta così sorprendente e fortunata capita probabilmente una sola volta nella vita ed è paragonabile al ritrovamento di una nuova partitura di Mozart“, così lo stesso Vieweg (anche biografo di Hegel) ha dichiarato la singolare ed eccezionale possibilità di aprire nuovi studi sull’evoluzione del pensiero del filosofo, considerato il più importante rappresentante dell’Idealismo tedesco.

Oggi, Friedrich Wilhelm Carové (1789-1852), fedelissimo allievo di Hegel e primo studente ad Heidelberg, grazie alla trascrizione delle pagine di tali manoscritti, consegna alla storia una testimonianza inedita delle lezioni di Estetica, in programma per i corsi della stessa università, previsti tra il 1816 e il 1818.

Ma chi era realmente Carové? Definito “vivace rivoluzionario”, nel 1819, all’età di trent’anni, si fece arrestare per aver violato le restrizioni imposte dai Deliberati di Karlsbad, che, tra le tante cose, prevedevano pene per chi avesse manifestato nelle corporazioni studentesche di stampo patriottico e nazionalista, volte all’istituzione di un unico parlamento dei Tedeschi da sostituire alla Dieta Federale instaurata dopo la sconfitta di Napoleone e la Restaurazione.

Perché questa scoperta si mostra tanto importante, al punto di aprire un nuovo orizzonte agli studi hegeliani? E perché, a circa duecentocinquanta anni dalla nascita del filosofo, la figura di Hegel occupa nella cultura mondiale uno spazio di massimo rilievo? Quanto al primo punto, i testi ritrovati sono destinati ad accrescere, e forse modificare, quel che sappiamo della sua concezione dell’arte, nei suoi rapporti con gli altri linguaggi, in particolare con la religione. Si tratta di una serie di annotazioni, intuizioni, spunti fulminanti su argomenti, citazioni plurime di assoluto rilievo, che vanno dalla Poetica di Aristotele alle Commedie di Aristofane, dall’Antigone di Sofocle all’Amleto di Shakespeare, spingendosi fino alle opere di Schiller e Goethe. Quest’ultimo punto è molto interessante, perché è stato suo maestro a partire dal 1801, quando lo conobbe a Jena tramite Schelling. In particolare, i testi appartenevano a Friedrich Windischmann (1811-1861), vicario dell’arcidiocesi e noto orientalista, figlio del medico e filosofo Karl Windischmann (1775-1839), amico di Hegel e da esso influenzato nella sua filosofia della storia, e al quale Carové consegnò i manoscritti, non senza informare il maestro, come si evince da una testimonianza epistolare. Tuttavia, quel che colpisce ed emoziona, è questa improvvisa ricomparsa nella storia vissuta, e non solo studiata, e così nella nostra attualità, di un modo di fare filosofia ormai perduto, antico, che è quello della filosofia della testimonianza, in cui il pensiero viene interpretato, trascritto, e non semplicemente esposto, in un modo che ricorda più il dialogo tra Socrate e gli allievi, o Seneca e Sereno; con una filosofia fatta di sguardi, di parole afferrate da giovani studenti nel corso delle lezioni e scelte con cura al momento della trascrizione per la posterità. Difatti, questo si rivela un elemento del tutto innovativo e peculiare nella modernità di Hegel: l’esser raccontato e meglio spiegato dai suoi allievi. Ma il filosofo di Stoccarda non è solo testimoniato da questi ultimi, bensì anche da quelli di passaggio, fugaci e poco amati, come Schopenhauer, del quale fu supervisore di tesi per l’abilitazione alla libera docenza.

Ma al di là delle questioni filologiche, pur importanti quando si riferiscono a uno dei massimi filosofi di tutti i tempi, perché un autore “difficile” e apparentemente inattuale come Hegel ci è invece così intensamente contemporaneo? Una risposta a questa domanda è contenuta proprio nei testi ritrovati: si tratta del tema della libertà che, alla conclusione di queste pagine, apre una prospettiva che illumina l’intera filosofia hegeliana. Non soltanto in riferimento all’arte, che costituisce una delle vie attraverso le quali l’individuo si riconosce libero, ma all’esistenza stessa dell’uomo e, in particolare, alla modalità attraverso la quale si costruisce nello sviluppo della storia. Per quanto condizionato dal suo contesto, Hegel è stato, insieme a Kant, uno dei primi testimoni di quella rivoluzione francese che, con tutte le sue contraddizioni, ha spezzato i vincoli del vecchio mondo, aprendo la strada alla libertà moderna. Una libertà che non è data, ma conquistata, affrontando a viso aperto il “negativo”, senza farsene sommergere, ma al contrario riconoscendone il potenziale costruttivo dialettico. Contraddizione e mediazione sono le categorie proprie di un sistema, quello hegeliano, che non si richiude in una metafisica astratta, ma accoglie in sé tutta la concretezza dell’esistenza. Contro chi contrappone una libertà incondizionata alle ferite delle vita, il filosofo ci ricorda che la libertà assoluta può diventare terrore, se non intesa nei suoi condizionamenti storici e declinata nelle istituzioni sociali e politiche. Il ruolo della filosofia non è quello di includere al suo interno l’intera realtà, né quello di identificare la storia con la ragione, essa è, piuttosto, la consapevolezza che i contrasti sono inevitabili e che  la ragione stessa fornisce, pertanto, lo strumento per evitare di renderli distruttivi.

Per questo Hegel è più che mai filosofo del nostro tempo.

Le Università di Jena e Bamberga daranno inizio alla preparazione dell’edizione delle trascrizioni inedite di Hegel, includendo i testi  in un’edizione completa, dal il titolo “Caroves Hegel-Mitschriften”, nell’ambito di un progetto scientifico che durerà diversi anni, diretto dal professore Klaus Vieweg in persona e da Christian Illies, con il supporto del ricercatore Marko Fuchs. Una notizia, questa, che gratifica tutti, perché, come è noto, il valore di Hegel è stato riconosciuto da destra e  sinistra, da conservatori e marxisti, mostrandosi, per tal ragione, esplicita dimostrazione del fatto che l’onestà intellettuale impone un profondo rispetto, oltre ogni distinzione politica di pensiero.

 

Antonella Basilico