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Un approdo sicuro a Genova per virare il timone della vita.

di Gabriele Pecchi, 1D

“Siamo convinti che ogni dipendenza, dalle forme più gravi per quanto riguarda l’alcol, alle droghe, prenda piede nei momenti di maggior fragilità quando non si riescono a cogliere i tanti lati positivi della vita, e che getti in un momento di confusione, di incertezza, dal quale si può uscire riscoprendo la gioia semplice della quotidianità”

Queste le parole di Luca, un responsabile del CeIS, il Centro Italiano Di Solidarietà, che porta serenità a chi ne ha bisogno, operando su tutto il territorio italiano nei campi più svariati. Alcuni di essi: l’azzardo patologico, la dipendenza da droghe e alcol, l’immigrazione di minori non accompagnati. 

Come si risolvono?

Con un approccio comunitario, inclusivo, che riaccompagni i giovani, ma non solo, alla scoperta dei propri talenti come espressione del proprio essere, perché si sentano di nuovo se stessi. Nel caso dei giovani migranti senza tutori, la maggior parte dei problemi va prevenuta: lo si fa affidandoli alla custodia del Comune di Genova che a sua volta si occupa di smistarli nelle comunità apposite. Esse li indirizzeranno verso un percorso di studi che li porterà ad una padronanza della lingua italiana e ad un avvicinamento alla vita lavorativa.

Le dipendenze sono molto in aumento in questi anni, secondo gli enti statistici. E questa è anche la visione di molti altri, sebbene non tutti si siano resi conto della gravità di questo problema. Esso è ormai troppo radicalmente intessuto nelle trame della società perché vi si possa prestare la dovuta attenzione. Eppure, secondo le indagini, oltre il 25% degli italiani fra i 15 e i 44 anni di età ha fatto uso di cannabis; il 10%, invece, dichiara di farne uso abituale: un aumento sensibile rispetto al decennio scorso.

Le droghe leggere, o definite tali, secondo la visione del CEIS, non hanno effetti meno deleteri sulla mente umana né consentono un maggiore controllo sull’utilizzo. Le possibilità di sentirsi “inutili” passata l’ euforia e di chiudersi in se stessi isolandosi dal resto della società, lasciandosi emarginare come già essa é portata a fare, non sono affatto minori. L’uso di sostanze in ambito giovanile per sentirsi parte di un gruppo o dimostrare di essere dei “duri” porta solo ad un indebolimento della personalità.

Il numero di morti all’anno per i dannosi effetti che l’utilizzo di sostanze causa, è in sensibile aumento negli ultimi anni. Dopo la rapida discesa che ha seguito il termine dell’ondata degli anni ’90, e un saliscendi di riassestamento nei 5 anni immediatamente successivi, la mortalità da droghe sembra tornare ad essere un problema, anche se non ha mai realmente smesso di esserlo.

La Comunità di Trasta

L’edificio del Timone preso dal sito ufficiale del CeIS

La comunità terapeutica di Trasta o “Il Timone” nasce nel 2021 per ospitare ragazzi di età compresa fra i 14 e i 21 anni, quindi anche oltre la maggiore età. Può ospitare fino a 15 fra ragazzi ragazze e coinvolge 13  operatori, fra cui 7 educatori professionali, una psichiatra e un infermiere. Come molte altre iniziative, si basa su un progetto educativo sviluppantesi lungo un percorso comunitario che dura da due mesi a un anno.

Seguendo i principi del Progetto Uomo, forma la persona a partire dalle relazioni con gli altri e soprattutto con i familiari. Essa costituisce un esempio della lotta contro la mancanza di valori solidi tipica del nostro tempo, che trova la propria dimostrazione nella scarsa educazione alla salute attuata dai genitori medi, la quale, insieme alla pandemia, alla crisi economica ed eventualmente a problemi di varia natura legati alla sfera familiare, costituisce la causa principale della fortissima nuova ondata di diffusione delle sostanze stupefacenti fra i giovani e purtroppo, anche giovanissimi.

Il nome molto evocativo rimanda al timone delle navi e quindi alla ripresa del controllo sulla propria vita, che deriva dall’ abbandono delle cattive abitudini per la propria salute fisica e mentale. In altre parole, all’inizio di una vita nuova che si basi sulla vecchia, traendone solo quello che aveva di buono.

da “i fuoriluoghi”

La comunità è una delle sei ad ospitare ragazzi stranieri non ancora maggiorenni non accompagnati e spesso senza documenti di nessun tipo. Essi quando arrivano non portano con sé beni di prima necessità come vestiti in buono stato, spazzolini o coperte ed è compito di chi li accoglie fornirgliele. I ragazzi ospitati sono 115 e provengono da vari Paesi, spesso dal Nord Africa o dal Vicino Oriente, che hanno lasciato in fuga da condizioni di povertà estreme o ad esempio dalle guerre di religione.

Nella comunità seguono corsi di lingua italiana per potersi dire cittadini ed entrare a tutti gli effetti a far parte della società che li accoglie. Una volta acquisita una certa dimestichezza perlomeno nella lingua parlata, potranno andare a studiare nelle scuole vere e proprie , acquisendo una propria autonomia.

L’importanza del primo impatto

La comunità ha un effetto molto incisivo sull’educazione, che potrebbe essere molto diversa da quella che questi ragazzi hanno ricevuto in patria, ma riveste un ruolo chiave nel loro comportamento. Non si pensi, avverte il CeIS, che gli immigrati vengano in Italia allo scopo di delinquere: si tratta soltanto di una piccola parte del totale, e comunque si arriva a compiere certi atti solo se non si riceve l’accoglienza desiderata e se non ci si riesce ad integrare. I ragazzi ricevono infatti un’ introduzione alle pratiche agricole, per cominciare.

Collegamenti esterni

Il CeIS di Genova lavora in collaborazione con tutti gli altri CeIS d’Italia che fanno tutti capo alla FICT (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche). Il CeIS opera anche al difuori dell’ ambito nazionale, ma solo in collaborazione con altre associazioni.