Social, dove non si dà peso alle parole

di Christian Giannini, Alessandro Pastore, Rocco Ciliberti e Leonardo Crucioli 2B

Il 17 novembre scorso si è tenuto a scuola un incontro con un consulente informatico della polizia postale, che ci ha illustrato i problemi legati all’utilizzo dei social network, che spesso, se usati scorrettamente, possono creare effetti negativi tra i ragazzi che si avvicinano a questi in modo sbagliato, recando anche danni psicologici agli altri utenti coinvolti.

I social di per sé sono un fattore positivo, perché permettono a ogni persona di stare connessa con ciò che la circonda e di relazionarsi con gli altri utenti condividendo momenti, emozioni ed esperienze; inoltre, non solo i singoli privati ma anche le grandi aziende e i politici riescono attraverso i social ad interagire meglio soprattutto con le nuove generazioni e in modo più diretto.

Purtroppo, però la rete è un mondo virtuale, con problemi reali che possono derivare da un utilizzo non corretto, ovvero furti d’identità, diffusione illecita di immagini, pedopornografia e cyberbullismo.

Quest’ultimo tipo di abuso è sempre più diffuso tra i giovani e per questo negli ultimi anni c’è stato un impegno notevole per cercare di contrastare il problema.

Alla luce di ciò è entrata in vigore, il 29 maggio 2017, la legge 71, che tutela le vittime di bullismo sui social. Un ruolo da protagonista lo recita in questo anche la scuola, in quanto è prevista l’introduzione della figura di riferimento del referente per il cyberbullismo in ogni istituto.

Tra i rischi per i ragazzi c’è anche il fatto che le nuove generazioni, come spiegato da Scarafia, molte volte tentino di evitare l’aiuto e il dialogo con gli adulti, in primis con i loro genitori, e si spostino sui social network evitando di affrontare il problema direttamente.

Ormai nel mondo, d’altra parte, sono presenti quasi diecimila tipi di social network, ma moltissimi non sono utilizzati dalla maggior parte degli utenti, che preferiscono stare sempre sugli stessi canali condivisi dalla stragrande maggioranza delle persone e come tali considerati più importanti, un po’ come se si andasse sempre negli stessi locali più frequentati, dove si trovano più facilmente amici, conoscenze e relazioni.

Uno dei social più usati dai cyberbulli è Whatsapp, un social apparentemente innocuo che lascia spazio ai diffamatori per deridere e prendere di mira le vittime.

Un chiaro esempio di episodio di cyberbullismo su Whatsapp è accaduto quest’anno a Firenze, la vittima è stata una minorenne filmata da un coetaneo a sua insaputa.

Il ragazzo ha scattato delle foto del fondoschiena della vittima che poi ha condiviso ai compagni di classe aggiungendo la scritta “Chi la riconosce?”. Le foto hanno fatto velocemente il giro di molti istituti e in brevissimo tempo la ragazza si è ritrovata decine di commenti e insulti a sfondo sessuale. Quando la ragazza ha provato a spiegare l’accaduto alla preside è stata colpevolizzata dai compagni per quanto accaduto.

I genitori della vittima hanno così deciso di esporre due denunce, una per diffamazione e minacce mentre l’altra per la divulgazione delle immagini.

Il colpevole è stato assegnato alla Caritas per svolgere servizi sociali.

I genitori, distrutti da quanto accaduto, raccontano che il lato peggiore dell’avvenimento è stato sapere che la figlia è stata tradita da un amico, da un ragazzo di cui ci si poteva fidare che frequentava la sua stessa comitiva.

I social sono un’ottima fonte per creare nuove amicizie, conoscere nuove persone e condividere le proprie esperienze ma bisogna imparare a gestirli: essere costantemente in contatto con gente sconosciuta non è sempre sicuro, poiché spesso potremmo trovarci in situazioni spiacevoli con davanti persone diverse da come fingevano di essere dietro uno schermo.

 

(ilfattoquotidiano.it)