Si può estrarre energia delle stelle?

Elaborata nel 1964, dal fisico e astronomo russo Nikolaj Semënovič Kardašëv, la scala di Kardašëv è un modello classificatorio del livello delle civiltà in funzione del progresso tecnologico, da intendersi come la capacità di usufruire energia dai corpi celesti. Trattasi di una funzione esponenziale.

Le civiltà del primo tipo possono sfruttare interamente l’energia del pianeta sul quale si sono sviluppate, quelle del secondo tipo sono in grado di adoperare la completa energia della stella del rispettivo sistema solare, mentre quelle del terzo tipo utilizzano l’energia della totalità della propria galassia. La formulazione originaria di Kardašëv prevedeva di fermarsi qui, ma si potrebbe continuare, in teoria, fino a considerare la manipolazione della natura intrinseca della realtà.

Attualmente gli esseri umani sono una civiltà del tipo 0.8, poiché la specie umana non è ancora in grado di estrapolare tutta l’energia offerta dalla Terra.

Ma come si può estrarre energia dalle stelle? 

Una soluzione (ad oggi astratta, purtroppo) a questo problema è stata fornita dalla sfera di Dyson: una gigantesca (1 unità astronomica di raggio) struttura ipoteticamente capace di catturare l’energia di una stella. Il modello fu elaborato da Freeman John Dyson, morto di recente (2020), alla fine degli anni ’50 (l’articolo ove la proposta compare, titolato “Search for Artificial Stellar Sources of Infrared Radiation”, risale al 1960).

La sfera di Dyson si comporrebbe di una serie di pannelli solari termici (o collettori solari) disposti in diversi modi possibili: un singolo mastodontico pannello non scisso (la conchiglia di Dyson o, in inglese, Dyson Shell) o una serie di apparecchi separati l’uno dall’altro (lo sciame di Dyson o Dyson Swarm). Dyson, nell’articolo sopra citato, propone di sfruttare, come fonte pratica di materiale per realizzare le strutture necessarie, la massa di Giove o di qualche altro pianeta; fa inoltre notare che uno sfruttamento di questo tipo non è da considerarsi assurdo: Dyson stima che, mantenendo costante il progresso demografico e industriale all’1% annuale, si otterrebbe uno sviluppo complessivo di un fattore di 1012 in circa 3000 anni, inoltre stima l’energia necessaria a disassemblare un pianeta come Giove come pari a circa 1044 erg, equivalente all’energia irradiata dal Sole in approssimativamente 800 anni.
Supponendo di costruire una struttura di Dyson Swarm, è stato proposto di spostare la produzione di singoli pannelli su Mercurio, avente una distanza ottimale dal Sole e un’abbondanza metallifera soddisfacente, considerando anche l’assenza di atmosfera, determinante per un lancio il meno dispendioso possibile, insieme con la riduzione della forza di gravità dovuta alla minore massa di Mercurio rispetto alla Terra. Una volta lanciato il primo pannello, si potrà cavare l’energia necessaria per il secondo da quella catturata dal primo, per poi raddoppiare a mano a mano per passaggi successivi . Bisognerà che i pannelli siano il più possibile resistenti e leggeri, mentre la loro superficie riflettente dovrà essere la maggiore, al fine d’ottimizzare l’assorbimento di energia. Bisognerà, inoltre, che la realizzazione dei collettori sia interamente automatizzata (com’è logico se si considera la condizione di assoluta invivibilità per la specie umana presso luoghi come Mercurio). Di là dalla possibilità di fabbricarle, si sono cercate sfere di Dyson nell’universo come possibile sintomo dell’esistenza di civiltà extraterrestri intelligenti (lo stesso scienziato specifica “I do not argue that this is what will happen in our system; I only say that this is what may have happened in other systems” ‘Io non sostengo che questo avverrà nel nostro sistema; dico solo che questo può essere accaduto in un altro sistema’); nello specifico, ricerche (basate sulla teoria dello stesso Dyson, secondo il quale civiltà superiori vivrebbero a una temperatura di 27°C) promosse dal SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) provarono ad individuare mediante onde radio, quelle ritenute più promettenti, possibili sfere di Dyson, ma il tentativo fallì. Ne seguirono numerosi altri, fra cui ricerche con l’IRAS (Infrared Astronomical Satellite) e le successive analisi di Richard Carrigan che restrinsero la schiera dei candidati ideali; tuttavia, nessuna di quelle ipotesi sui detti candidati fu suffragata da emissioni radio.
IRAS

                                                                                                                           Michelangelo Grimaldi