Storie di migrazione: Michele Curatolo

Per me e per la mia famiglia “immigrazione” è una parola molto cara, perché io sono un nipotino di immigrati.  

Questa è la storia di mio nonno, Michele Curatolo, nato a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, il 19 aprile 1936.

All’età di otto anni ho iniziato a fare il pastorello insieme a degli abruzzesi che avevano una vera e propria azienda agricola, con pecore, capre, cavalli, maiali, galline. Era un lavoro faticoso per un bambino di otto anni, ma mi ha trasmesso tanti valori e ancora oggi mi restano i ricordi delle notti passate sulle Murge, sotto i cieli stellati, con il profumo del bestiame.

All’età di ventuno anni la mia famiglia era molto cresciuta: avevo sei fratelli,  quindi dovevo cercare un lavoro che mi desse più soldi.

Il 28 ottobre 1957 ho preso il primo treno per Milano Centrale, un viaggio lunghissimo, durato più di sedici ore, poi un altro treno mi portò a Novara e da Novara arrivai a Biella: proprio dove c’è adesso l’Esselunga c’era la stazione, dove mi aspettava un mio cugino, Giuseppe Curatolo.

Sono rimasto a casa di questo mio cugino due settimane, poi ho deciso: “Vado a Colonia!”

Ho preso più treni e sono arrivato a Colonia, in Germania, in due giorni. Tramite un’agenzia italiana ho trovato una casa dove dormire. Sempre quest’agenzia mi trovò anche un lavoro, si trattava di lavorare nell’azienda Ford, nel reparto freni: io mi occupavo di mettere le pastiglie, era un bellissimo lavoro e avevo anche uno stipendio per mantenere me e la mia famiglia a Cagnano Varano. Diciamo che riuscivo a portare alla mia famiglia 30.000 lire al mese, che una volta erano tanti soldi. L’unico problema era che la gente mi guardava malissimo, ad esempio quando andavo a fare la spesa la gente mi stava a un metro di distanza: io ci rimanevo malissimo, però comunque sapevo che davo una mano alla mia famiglia e quindi ero contento.

Sono rimasto a Colonia cinque anni. Nel 1962 sono ritornato a Cagnano Varano. Con tutti i soldi che avevo messo da parte ho preso la mia famiglia e ho portato tutti al nord, a Biella, in un paese chiamato Mongrando. Nella frazione di San Michele, grazie a mio cugino Giuseppe trovai una casa che costava pochissimo, spaziosa per tutta la mia famiglia.  Io trovai un lavoro per me e per mio fratello Santino alla Pettinatura dei Rivetti. 

L’azienda Rivetti era molto bella, si lavorava bene, si guadagnava e venivi pagato regolarmente.

Però anche qui al nord le persone ci trattavano come strani, ad esempio quando andavo a fare un giro per il paese la gente mi guardava dalle fessure delle finestre, di nascosto, come se io non la vedessi… Al negozietto mi parlavano solo in dialetto, ai biellesi facevano credito, ma a me assolutamente no; per strada, se incontravo qualcuno, non rispondeva al mio saluto. La stranezza era che al nord non sapevano condividere: al sud, se si faceva qualcosa da mangiare in casa, si condivideva sempre col vicinato. Il primo Natale, da tradizione, tutta la famiglia ha fatto le cartellate e ha preparato dei vassoi con i dolci da distribuire al vicinato, ma nessuno ci ha aperto, così, stupitissimi, abbiamo avuto l’occasione di abbuffarci di dolci!

Con il passare dei mesi la gente ha capito che io e la mia famiglia, arrivati dal sud, eravamo buoni e ancora oggi sono in contatto con qualche mongrandese.

I miei fratelli iniziavano a crescere, ma l’unico mezzo di trasporto era la mia moto e la frazione San Michele era troppo distante da Biella, così ho fatto traslocare tutti al Piazzo, dove ho trovato una casa in via Costa del Vernato. Diciamo che qui, in questo appartamento e via, vivevano tutti immigrati dal sud Italia e anche dal Veneto. Mi sono sentito subito come in una grande famiglia, tutti con le stesse esigenze e difficoltà e, soprattutto, con nel cuore la lontananza del proprio paese.

Pietro Curatolo, III D Marconi