Il sacrificio di Ifigenia

Prima di raccontare di Ifigenia bisogna ricordare gli eventi principali della sua storia.

Si racconta che alle nozze di Peleo, re dei Mirmidoni, e della ninfa Teti (i futuri genitori di Achille) fossero stati invitati tutti gli dèi ma non Eris, la dea della discordia, volutamente ignorata.

Questa, indignata, si presentò ugualmente alla festa, portando con sé una splendida mela d’oro, che lanciò in mezzo alla sala, dicendo che quello era il dono per la più bella di tutte le dee.

Atena (dea della guerra e della sapienza), Era (moglie di Zeus) e Afrodite (dea dell’amore e della bellezza) incominciarono a reclamare il pomo per sé, rivendicando il primato della propria bellezza. Per risolvere la disputa Zeus ordinò di affidarsi al giudizio del più bello tra i mortali: Paride, figlio del re di Troia, Priamo.

Ciascuna delle tre dee, per favorire la propria vittoria, propose al giovane una straordinaria ricompensa. Era gli promise di farlo diventare l’uomo più potente della Terra; Atena di concedergli il dono della sapienza e del successo; Afrodite gli fece la promessa che gli avrebbe dato in sposa Elena, la donna più bella del mondo.  Paride, preferendo quest’ultimo dono, assegnò la mela e il primato della bellezza alla dea Afrodite.

La dea Afrodite mantenne la promessa. Benché la bellissima Elena fosse già sposa di Menelao, re di Sparta, fece in modo che Paride potesse rapirla mentre il marito era lontano dalla patria, e portarla a Troia con sé.

 

Un esercito, da tutta la Grecia, venne allora organizzato, sotto la guida di Agamennone, fratello maggiore di Menelao, per vendicarsi dei Troiani, ma nella regione dell’ Aulide l’esercito acheo dovette arrestarsi per più di tre mesi a causa del tempo sfavorevole.
Agamennone, impaziente, chiama allora l’indovino Calcante per capire come agire.  L’indovino gli ricorda che alcuni anni prima aveva offeso gravemente la dea Artemide. Aveva trafitto con un bel colpo un cervo e si era vantato d’essere un cacciatore più bravo della stessa dea della caccia. Ora Artemide pretendeva, per far partire la flotta, che Agamennone le sacrificasse sull’altare la propria figlia Ifigenia.

Agamennone convoca così sua figlia con il pretesto di darla in sposa ad Achille. Arriveranno in Aulide Ifigenia e la madre Clitennestra, con il piccolo Oreste, per le nozze. A quel punto la verità emerge facendo infuriare le due donne. Anche Achille, nello scoprire che il suo nome era stato usato per un atto tanto infame, minaccia vendetta. Ifigenia però, nel vedere l’importanza che la spedizione ricopre per tutti i greci, cambia atteggiamento e offre la propria vita, calmando la madre e respingendo l’aiuto di Achille. Al momento del sacrificio, però, la ragazza scompare ed al suo posto la dea Artemide invia una cerva, tra lo stupore e la felicità dei presenti, che in tal modo capiscono che la ragazza è stata salvata dagli dei ed ora dimora presso di loro. Il vento torna a spirare e la flotta può finalmente salpare verso Troia.

Sia Agamennone che Menelao usano le donne per ottenere il potere, quello stesso potere al quale Ifigenia si sottomette quando il padre la sacrifica sull’altare. La donna viene privata della sua essenza, resa schiava da un uomo- padrone che la percepisce unicamente come proiezione dei suoi desideri.

L’oppressione del femminile da parte del maschile, che con il suo dominio nega al femminile di esprimersi nelle sue più svariate forme, è il vero nucleo di questo racconto mitologico.

Dragaj Alessia