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Tutela minorile: l’avvocato Andreoni e il neuropsichiatra Alessandrelli discutono di famiglia, educazione e lavoro 

Nelson Mandela disse che non ci può essere rivelazione più acuta dell’anima di una società che il modo in cui tratta i bambini: effettivamente, è solo a partire dal secondo dopoguerra e nei decenni più recenti, in particolare a partire dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia dell’ONU del 1989, che la tutela dei diritti di bambini e ragazzi è stata riconosciuta come parte essenziale per una loro formazione sana e serena. Così, nel corso del Festival della Scienza Ad/ventura, venerdì 20 gennaio si è tenuta, nella splendida cornice della Pinacoteca di Palazzo d’Avalos, una conferenza proprio dal titolo “Tutela minorile: famiglia, educazione, lavoro”, a rimarcare come il benessere di bambini e (nel caso del lavoro) ragazzi sia indissolubilmente legato a un corretto sviluppo in questi tre ambiti.  

A inaugurare l’incontro è stata la dirigente scolastica del Polo Liceale Mattioli, professoressa Maria Grazia Angelini, che ha sottolineato il filo rosso che nel corso di questo Festival ha legato diversi appuntamenti, primo fra tutti quello di ieri, “Cuore e legge in disaccordo”, sul tema di legislazione e diritto. Infatti, è proprio con a monte una tutela del diritto che ci può essere un’aspirazione alla libertà, aspirazione che deve partire proprio dai ragazzi con il sostegno della famiglia, e non con una tutela negativa che deriva da pregiudizi che impediscono il riconoscimento del valore di ogni persona, cioè la prima tutela che si può fare del minore.

La tutela, secondo la moderatrice della discussione, la scrittrice e presidente della Società Vastese di Storia Patria, Gabriella Izzi Benedetti, deve essere, però, non solo da parte degli adulti, ma, in questa società con un così forte contrasto tra la rapidità della comunicazione e la possibilità di una crescita che vada contro la massificazione e l’omologazione, i giovani devono anche imparare, o comunque deve essere insegnato loro, ad autotutelarsi per essere pronti al passaggio alla vita adulta. 

Nel corso del convegno, la tutela minorile è stata analizzata da due punti di vista. Il primo, quello del diritto e della legge, è stato assunto dall’avvocato Pierpaolo Andreoni, specialista in diritto del lavoro sindacale. Per iniziare, Andreoni ha spiegato come per il legislatore sono definiti bambini i minori di 15 anni o coloro che sono ancora soggetti a obbligo scolastico, per distinguerli dai ragazzi dai 15/16 anni in poi: queste due macrocategorie, però, sono entrambe poste a tutela dei genitori o di tutori, che si assumono tutte le responsabilità. E, qualora commettessero crimini, sono sottoposti al Tribunale dei minori, dove ai ragazzi si affiancano figure professioniste, come psichiatri, psicologi e servizi sociali.  

Il problema della criminalità giovanile è difficile da identificare, e, poiché molto spesso i microcrimini, come lo spaccio e il trasporto di armi, vengono affidati ai minori dagli adulti, il legislatore italiano, rispetto ad altri Paesi, ha deciso di puntare sul lavoro di recupero piuttosto che vere e proprie detenzioni.

Il secondo problema è quello del lavoro giovanile: il legislatore vieta ai ragazzi di fare lavori usuranti, non avendo ancora completato lo sviluppo psicofisico, ma consente lavori con turni ridotti, come da bagnino o barista. Oltre che mettere in conto lavori di tipo artistico, dalla musica alla danza allo spettacolo, e sportivo, per permettere a ragazzi talentuosi di coltivare la loro passione anche con remunerazioni, senza però mettere da parte il diritto scolastico e della genitorialità. 

La legge, quindi, dà ai giovani tanti vantaggi, e l’augurio dell’avvocato agli studenti presenti è stato proprio di sfruttare questi anni per capire il proprio percorso: già dai 18 anni, c’è un enorme divario legislativo e di responsabilità, anche se si prevede che lo sviluppo non è ancora completato e fino ai 21 anni ci sono delle attenuanti. Quindi, l’invito è di sfruttare le possibilità che si hanno in Italia, con l’aiuto di famiglia e istituti scolastici, e mettere da parte i social network, che abbassano la soglia di attenzione e non permettono di concentrarsi sul proprio futuro. 

Il tema della famiglia è stato affrontato dal dottore Riccardo Alessandrelli, medico specializzato in neuropsichiatria infantile, oltre che docente presso la Scuola di Specializzazione in pediatria dell’Università di Chieti. Alessandrelli ha spiegato, quindi, come lui si interfacci ogni giorno per lavoro con decine di bambini e ragazzi, essendo esperto nelle diagnosi dei disturbi dell’apprendimento, dell’autismo e della sindrome di Asperger. E la domanda che in questi casi emerge più spesso è “ci è o ci fa?”, cioè questo ragazzo ha disturbi dell’apprendimento o è solo svogliato?  

Per il dottore, nessun ragazzo è svogliato e in tutti questi casi la risposta è sempre la prima: il problema è che molto spesso i ragazzi non vengono compresi a causa di un conflitto generazionale che esiste da sempre e che porta a screditare i giovani, quello che fanno e quello che amano. Alessandrelli ha riportato un esempio di pochi giorni fa, quando Guccini ha definito spazzatura la musica di oggi; ma, in realtà, negli anni ‘70 e ‘80 la musica che oggi viene definita sensazionale e capolavoro era chiamata spazzatura dagli adulti dell’epoca. Gli adulti, infatti, sono chiamati a giudicare alcune situazioni in cui sono coinvolti i minori, in cui però non esistono bene e male, ma sono situazioni complesse, come nel caso della scelta dell’affidamento nel caso di divorzio, dove il figlio non è del tutto attendibile e potrebbe scegliere in base a vantaggi nello stare con un genitore, screditando l’altro.  

Tornando ai DSA, il dottore ha spiegato come noi siamo portati ad attivare una relazione di aiuto solo quando riconosciamo prontamente, soprattutto fisionomicamente, delle difficoltà o disabilità. Nel caso dei disturbi dell’apprendimento non è così semplice, per questo si tende a colpevolizzare i ragazzi, classificandoli appunto come svogliati, quando con un DSA si nasce, essendo ereditario. Bisogna capire, quindi, che il riconoscimento di questi disturbi sono fondamentali per capire che il cervello, in loro presenza, funziona solo in modo qualitativamente diverso e per permettere ai genitori e alla scuola di dare a questi ragazzi una chance in più.

La conferenza si è conclusa parlando di orientamento e scelte per il futuro: lo psichiatra ha raccomandato agli studenti di compiere scelte ponderate ma personali, senza l’influenza di genitori che desiderano o copie di loro stessi o immagini di una loro aspirazione, andando solo a condannare i figli a un futuro di insoddisfazione. Per questo, entrambi gli esperti hanno caldamente invitato i ragazzi a sfruttare momenti come questo per iniziare a costruire un proprio futuro, fidandosi di sé stessi, senza però comunque tralasciare l’aiuto della famiglia e delle istituzioni scolastiche.  

Simone Di Minni 

Foto di Sara Prencipe