Questo hanno visto i miei occhi

Ho visto la foto.

Sapevo di cosa si trattava, quello che non sapevo, non immaginavo è il pugno allo stomaco che mi ha provocato.

Non avevo davanti un lavoro sulla Shoah, no, avevo la Shoah: la sua crudezza, il suo dolore, la sua terrificante razionalità. I miei non sono gli occhi di un critico d’arte, perché qui di arte  si tratta, sono gli occhi di un essere umano, di una madre, di chi, per decenni, ha insegnato.

E questo è quanto hanno visto: l’evento, il blocco di cemento, il male nella sua semplicità. Già, perché il male è semplice, come il bene, nella sua essenza. Complesso potrà essere organizzare chirurgicamente la sua realizzazione, ma nel suo essere il male ha la semplicità, compattezza, impenetrabilità, inutilità di un solo  blocco di cemento.

E hanno visto gli strumenti  necessari alla sua realizzazione, gli strali di ferro, capaci di dilaniare, strappare, ferire a morte, torturare. E infine, quello che resta delle prede del male, gli stracci: brandelli di vite, frammenti di sogni, fantasmi di umanità sparsi a caso come rifiuti, gettati.

Sopra tutto solo silenzio.

Questo hanno visto i miei occhi.

Rita Seconetti