Blade Runner – Persi come lacrime nella pioggia

 

«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:

navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,

e ho visto i raggi β balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.

E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,

come lacrime nella pioggia.

È tempo di morire.»

Los Angeles, 2019.

Immersa in una notte perenne, la città soffoca sotto lo smog e le piogge acide.

La Tyrell Corporation ha ormai avanzato l’evoluzione degli androidi nella fase NEXUS 6, individui di intelligenza pari all’uomo, noti come “replicanti”.

I NEXUS 6 sono creature perfettamente identiche agli esseri umani, ora anche in grado di rivivere i ricordi di un passato innestato, e per questo limitate nella durata di vita: 4 anni, programmati già dalla nascita.

I replicanti, superiori per agilità e forza fisica, sono impiegati come schiavi nelle colonie extra-mondo.

Ma, in seguito ad una sanguinosa ribellione da parte di questi ultimi, gli androidi vengono dichiarati illegali e perciò “ritirati”.

Dunque sono istituite squadre speciali di polizia, le unità Blade Runner, incaricate di uccidere qualsiasi replicante introdotto nuovamente sulla Terra.

Rick Deckard, il migliore di loro, ha ormai rassegnato le dimissioni, ma viene richiamato in servizio in seguito alla rivolta di un gruppo di replicanti, tornati sulla Terra per ottenere un impossibile allungamento della vita.

Porterà a termine la sua ultima missione grazie al puntuale intervento della fortuna, che tornerà a salvargli la vita numerose volte.

Il capolavoro di Ridley Scott, liberamente ispirato dal romanzo di Philip K. Dick, con i suoi androidi e i grattacieli immersi nel buio, è tra le massime espressioni del retrofuturismo.

Il protagonista è continuamente immerso in un’atmosfera di angoscia crescente.

I replicanti sono superuomini senza ali, creature perfette destinate però alla morte.

Gli esseri umani, infatti, cercano disperatamente di limitare la loro potenza: il loro è un ultimo e tormentato tentativo di tornare a prevalere.

Ma ormai sono vittime della realtà che loro stessi hanno costruito e si avviano lentamente verso l’apocalisse auto-procurata della razza umana.

Ricorrente è il tema della fuga.

I replicanti cercano di sfuggire alla morte e al loro potenziale sterminatore; Deckard, invece, scappa dalla vita stessa, che ormai non offre più nulla di umano.

Uomini e androidi recitano in un teatro nel quale l’unica differenza sta nella capacità di provare emozioni: i replicanti sono infatti incapaci di reagire con i sentimenti e l’irrazionalità di fronte agli eventi della vita.

Ma a fare da sfondo è un paesaggio fatto di tenebra e l’animo umano, che dovrebbe fare da tracciante nella ricerca dell’umanità, si perde con essa.

Lo scopo di Scott, straordinariamente raggiunto, è  dunque quello di stravolgere lo spettatore.

Infatti, nonostante vengano forniti gli elementi necessari all’identikit dei replicanti, la differenza tra umano e artificiale diventa spaventosamente essenziale, ma allo stesso tempo confusa e introvabile.

Ciò, che contribuisce ad aumentare il senso di inquietudine, porta tutti ad un’unica fatale domanda, destinata però a restare senza risposta.

Chi è davvero Deckard, l’uomo che pare essere privo di passato o l’androide dai ricordi innescati e le fotografie senza volti?

Alessandra Masciantonio