La città perfetta è vuota

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.

di Ludovica Martini, Laura Odino e Elisa Rizzo, 1D.

Una città per vedere, una per ricordare, ed un’altra per desiderare, di questo parla l’intellettuale Graziano Graziani nel suo incontro organizzato dall’associazione “I piccoli maestri”. In un inziale brusio di sottofondo di banchi in movimento e sedie scricchiolanti lo scrittore introduce i ragazzi della 1D del Liceo A. D’Oria a “Le città invisibili” di Italo Calvino. 

Il romanzo, nelle intenzioni di Calvino che lo scrisse, e nell’interpretazione dello stesso Graziani che lo ha raccontato, si dimostra essere la  cornice di un dipinto allegorico, la premessa che permette ad entrambi di esprimere le proprie riflessioni sulla vita. Il discorso si apre con un’idea diversa della città: se per alcuni è un semplice insieme di edifici, o per altri un’opera d’arte, per Graziani è il modo per dare un luogo all’invisibile. La sua interpretazione, però, va oltre: spesso gli agglomerati urbani europei nascono da semplici piazze, luoghi di ritrovo per la comunità, che sono diventati gli spazi conosciuti oggi, tra un mercato e l’aggiunta di un monumento. Le città si “stratificano” nel tempo, crescono su livelli successivi che si sovrappongono epoca dopo epoca: i monumenti e le statue di diversi periodi “si accumulano” per dare forma all’architettura delle nostre città attuali.  Graziani paragona “la stratificazione di epoche” de “Le città invisibili” a quella delle nostre città italiane odierne. Lo scrittore spiega anche come questa stratificazione renda talvolta certi monumenti o edifici obsoleti o addirittura disdicevoli per il tempo in cui viviamo: basti pensare ad esempio agli edifici risalenti a periodi storici che ora rinneghiamo o a statue dedicate a figure divisive o scomode del passato.

Da https://www.artfritz.ch/MUSE/magritte-bruxelles/index.html

Non pensiamo però che le città siano solo sterili superfici di pietre stratificate nel tempo; le città sono anche e soprattutto le persone che le attraversano ogni giorno, per andare in direzioni diverse, oppure per ritrovarsi nello stesso punto, a volte senza saperlo. Ognuno indaffarato nelle proprie faccende, ognuno preso dalle proprie chimere. Ognuno impegnato a scrivere la sua storia. Questo è ciò che rende una città viva: le storie di coloro che la abitano. Tante piccole vicende, che si intrecciano, che si fondono, che si ramificano come gli affluenti di uno stesso fiume. Se ci pensiamo spesso le storie si assomigliano tra loro, perché riconoscerci nei racconti altrui ci avvicina. In questo modo la città diventa un essere vivo, dal cuore pulsante , intriso di desiderio e speranza, come gli esseri umani che la popolano: non a caso per Calvino la città prende il nome di una donna.

Ad esempio, la città del desiderio si chiama infatti con un nome femminile, Despina. Si raggiunge in due modi a seconda di come si viaggia: via terra o via mare. Il cammelliere, che distingue una sagoma all’orizzonte di una nave desidera il mare e vorrebbe andare via dall’arido deserto. Al contrario il navigante, che distingue in lontananza la gobba di un cammello, desidera la terra e vorrebbe allontanarsi dall’umido mare. Calvino pensa che ogni città prenda la sua forma dal deserto a cui si oppone. Il tema dell’incompletezza e dell’insoddisfazione dell’uomo, che lo porta a desiderare qualcosa di migliore e diverso,  è universale e senza età: è stato già trattato da diversi autori in letteratura ed è estremamente attuale anche nella nostra società. La stessa etimologia della parola “desiderio” deriva dal latino “de sidera”, dalle stelle. Le stelle e in generale il cielo, da sempre, danno conforto agli uomini nei momenti di difficoltà e ci fanno avere una vita meno nostalgica: basti pensare che per tradizione e per religione si pensa che i morti vadano in cielo .

Graziani ha tenuto a precisare la differenza che esiste tra desiderio e godimento.  Il desiderio consiste nel volere qualcosa intensamente ed essere pronti ad affrontare difficoltà per realizzarlo. Il desiderio è un qualcosa che crea una ragione di vita.  Come per Leopardi ne “Il sabato del villaggio”, la gioia vera si vive nell’attesa e non nella realizzazione. Il desiderio ha infatti un potere trasformativo, che una volta esaudito svanisce. Il godimento consiste invece nel soddisfare un piacere.

E così, quel trambusto iniziale di banchi in movimento e sedie traballanti è andato a “vaporizzarsi” come un desiderio compiuto, quando, il 17 Febbraio, Graziano Graziani ha iniziato a incantare tutti con le sue parole.

Da https://www.raicultura.it/letteratura/articoli/2020/03/ESL-Article-Item-09c33f96-04fc-4c4e-885a-0bf1dbe2b863.html