Ars oratoria: tecnica ed emozione

di Matteo Barcella e Samuele Bozzo, III^B

Oggi, l’arte del saper parlare e discutere in pubblico rappresenta, per noi studenti, un requisito fondamentale della vita scolastica e non solo. Ogni giorno, nelle interrogazioni e nelle esposizioni ci “alleniamo” a sostenere un discorso davanti al nostro piccolo pubblico, costituito dall’insegnante e dal resto della classe. E’ nel quotidiano, infatti, che apprendiamo gli strumenti necessari al dialogo interpersonale e facciamo uso delle nostre capacità per sostenere le argomentazioni.

Da oratori inesperti, imparando gradualmente a perfezionarci, progrediamo nell’ars dicendi anche grazie al confronto con gli altri.  E lo facciamo indipendentemente dal nostro futuro lavorativo. Infatti, anche se non ne saremo strettamente legati, la capacità di saper parlare in pubblico sarà lo strumento con cui potremo illustrare e argomentare le nostre opinioni nei più svariati campi. Esprimendo il nostro pensiero con efficacia, ci avvaliamo frequentemente di varie tecniche che permettono al pubblico di ricevere un buon ascolto e poter diventare favorevole alla nostra tesi. 

Fondando lo studio dell’arte di eloquio sulla dimensione retorica di Roma antica, grazie alla lezione della Professoressa Gabriella Moretti, docente di Lingua e Letteratura latina all’Università degli Studi di Genova, abbiamo potuto analizzare alcune metodologie ricorrenti nell’oratoria latina.  

Nella performance di un interlocutore è ineludibile ricorrere all’actio, l’insieme del linguaggio del corpo-  eloquentia corporis – comprensiva di emozioni e sistemi di persuasione.  

 “ lactio, che manifesta l’emozione dell’animo, influenza tutti, perché le emozioni sono eguali per tutti, e si riconoscono negli altri in base agli stessi segni con cui si manifestano in ognuno di noi.” Cicerone, De oratore, 3, 223.

Un tipico esempio di orazione latina dove le tecniche teatrali dell’actio sono particolarmente

Rilievo raffigurante la laudatio funebris

evidenziate è la retorica epidittica della laudatio funebris 

“Non si potrebbe trovare facilmente uno spettacolo più esaltante per un giovane che aspiri alla fama e alla virtù. Chi non verrebbe stimolato dalla vista delle immagini di uomini celebri per la loro eccellenza, radunati tutti insieme come se fossero vivi e ancora respirassero? Quale spettacolo potrebbe essere più glorioso?” Polibio,   6, 53, 9-10

Ecco che l’ostensione della salma del patrizio al Rostro diveniva il mezzo della commiseratio; infatti, niente attraeva maggiormente il popolo romano quanto essere partecipi delle emozioni suscitate dall’orazione funebre.  

da “La Repubblica” Processo strage di Viareggio, sulle sedie vuote i volti delle 32 vittime.

Anche oggi, usare il corpo o le immagini per ricevere il sostegno dell’opinione pubblica, è uno strumento utilizzato dagli avvocati e permette loro di avere una voce forte, anche mediatica, durante le indagini. Ad esempio, usare il corpo per scoprire il reato ha permesso a Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, di portare avanti le indagini sulla morte del fratello, riuscendo, alla fine, a ottenere giustizia. Anche per il processo della strage di Viareggio, l’ostensione delle immagini, nell’aula di tribunale, ha contribuito ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. Le 32 magliette raffiguranti i volti dei deceduti appoggiate sulle seggiole non sono passate inosservate: hanno generato una forte empatia, non solo nei familiari, ma anche nei giudici e in chiunque si confrontasse con la tragedia.         

Così accadeva persino in Senato o nella Curia, dove l’impiego delle emozioni era fondamentale per assicurarsi la maggioranza. Esso avveniva non solo con la gestualità e le espressioni del volto, ma anche mediante maschere solcate con espressioni facciali di diversi stati d’animo.  

Ne è un esempio il senatore Aquilio Regolo, noto delatore, solito indossare un calco con un trucco molto carico sugli occhi e sopracciglia. Forse lo scopo di tale interpretazione era farsi scudo della superstizione per scaricare sull’avversario lo sguardo del pubblico. A seconda della parte rappresentata in tribunale, accusato o accusatore, Aquilio Regolo si segnava rispettivamente il sopracciglio sinistro o destro.