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Greco o semitico? Ipotesi sul sarcofago delle donne piangenti

Il sarcofago delle donne in lacrime è un sarcofago raffigurante una serie di donne piangenti, custodito nei Musei archeologici di Istanbul, separate da semicolonne di stile ionico. L’opera è in stile greco e la sua datazione è variabile: secondo alcuni risalirebbe, sulla base di paragoni con altre opere, ad un periodo compreso tra il 350 e il 320 a. e. v., secondo altri tra il 374 e il 358 a. e. v. In realtà, i dettagli architettonici rivelano una commistione di influenze provenienti dall’Attica e dall’Asia Minore. Rimangono notevoli tracce di vernice, ed è interessante notare che le balaustre sono di colore rosso-marrone mentre lo sfondo sopra è blu.

In Egitto, il blu era particolarmente utilizzato nelle statuette funebri o quelle oranti, mentre in Grecia questo colore, insieme con il rosso, era sovente adoperato per la decorazione dei templi: metope, triglifi, acroteri e molte altre decorazioni presentavano questa colorazione e se consideriamo che nel complesso la forma del sarcofago è assimilabile a quella di un tempio, si potrà considerare la possibilità che il sarcofago sia dipinto con i medesimi colori dei templi. In realtà anche un’influenza egizia non è da escludere.

Ai quattro lati del sarcofago sono presenti delle sculture decorative approssimabili a quelle dei lamassu assiri. La cornice, invece, è coronata da teschi di cani, animali associabili ad una delle scene superiori, in quanto fedele e prezioso aiutante di cacciatori e pastori. I cacciatori sul piccolo fregio di base indossano abiti persiani; ad un’attenta analisi non viene rivelato alcun candidato comune evidente nei vari gruppi, da cui si conclude che queste sono scene di caccia generalizzate e che il fregio ha natura decorativa e non la funzione di documentare delle gesta.

Riguardo le figure femminili, è evidente la tristezza palesata dai gesti e dai volti, sebbene siano molto composte; è improbabile che si tratti di prefiche (ossia donne pagate per piangere ai funerali, di cui si trovano tracce sin dall’antico Egitto e in Omero), in quanto queste, per quello che ci è pervenuto, portavano i capelli sciolti (diversamente dal caso presente) e intonavano nenie in onore del defunto.

I due lunghi lati della balaustra portano processioni che sono esattamente simili in numeri e tipi di figure, con solo variazioni minori nella posa. Ognuno è guidato da una persona, apparentemente femminile, che indossa un lungo chitone e cammina con la testa piegata. Sul lato nord questa figura poggia la guancia sulla mano sinistra alzata, una posa iterata nelle figure femminili in piedi tra le semicolonne della peristasi ionica sottostante e in alcune delle figure sedute nei frontoni alle estremità; si tratta della modalità standard di espressione del dolore nella scultura greca del IV secolo.

Dentro il timpano sono raffigurate delle figure femminile non assimilabili a quelle di stile greco del resto dell’opera, ma molto più vicine allo stile orientale. Secondo alcune interpretazioni, queste sarebbero parte dell’harem reale; tuttavia, altri critici rifiutano questa supposizione preferendo vedere in queste figure un elemento di apoteosi, forse allegoria delle donne di Sidone che piangono il loro signore morto che possono essere assimilate al dio Esmun, divinità semitica associata alla fertilità. La stessa spiegazione viene offerta per le donne sedute nei frontoni.

Si è supposto che il sarcofago appartenesse al re di Sidone (oggi in Libano), poiché l’opera è stata rinvenuta presso la “Necropoli Reale” a questi appartenuta, è stato anche ipotizzato che fosse la tomba di uno dei satrapi della fenicia o un sovrano-vassallo di Sidone; tuttavia, non sono presenti iscrizioni od ulteriori indizi che possano suggerirci a chi fosse appartenuta. Si può immaginare, date le dimensioni e la qualità alquanto elevata dell’opera, che fosse di proprietà di un nobile o, insomma, di qualcuno di importante; cionondimeno, si potrebbe congetturare che non fosse appartenuta ad un re, in quanto il corteo funebre superiore è molto meno lungo, ricco e articolato rispetto a quello che si potrebbe dedicare ad un re.

Queste osservazioni sono supportate anche dal confronto con la tomba di Alessandro, sarcofago ellenistico e più importante manufatto collocato presso il Museo Archeologico di Istanbul, in cui è presente una dinamicissima scena di battaglia quasi barocca, molto più ornata e drammatica rispetto all’austera compostezza delle scene raffigurate nell’altro sarcofago (che, tra l’altro, è collocato affianco a quello di Alessandro nello stesso museo).

Michelangelo Grimaldi