“Fuggire”: la storia di Zahir


“Fuggire” non è solo un romanzo. È un viaggio, un avventura, una testimonianza, un pezzo di storia e di vita. Un libro reale, un resoconto, dove si coglie la speranza che, in futuro, le cose possano cambiare per un paese che da troppo tempo conosce solo guerre”.

Questo è ciò che viene riportato da Antonio Carlucci, pediatra di professione e autore del libro “Fuggire”, un romanzo che racconta la testimonianza di Zahir, un ragazzo proveniente dall’Afghanistan.
È in questa terra difficile, povera, piena di conflitti e sofferenze, che Zahir trascorre tutta la sua infanzia. Infatti, nel romanzo, si ripercorrono gli anni della sua giovane vita, l’amore per la sua famiglia, le tradizioni legate alla sua terra, la sua voglia di cambiamento, in rapporto e contrapposizione con le condizioni difficili dovute alla guerra.
Per non essere reclutato per la jihad, a 22 anni si vede costretto a lasciare la sua casa e la sua famiglia per continuare a vivere e per non finire “morto con un fucile in mano”. Il suo è un viaggio travagliato, complesso, interminabile: è un’esperienza che solo in pochi generalmente riescono a portare a termine, per via dei molteplici pericoli presenti lungo la strada per la libertà. Zahir sarà affidato dal padre ad un gruppo di trafficanti di uomini e la sua fuga disperata vedrà come prime tappe il Pakistan, l’Iran e la Turchia, poi i Balcani, la Germania e l’Austria e finalmente l’Italia. Quella di Zahir è una fuga raccontata così tanto nel dettaglio da lasciarvi con il fiato sospeso fino alla fine.


Zahir c’è l’ha fatta!

Foto di Ilaria Sputore

È arrivato in Italia sano e salvo e adesso studia in una delle 53 scuole italiane “Penny Wirton” che hanno come scopo, servendosi di pochissimi voti e verifiche, di insegnare la lingua italiana ai ragazzi immigrati nel Paese, perché “solo con la padronanza della lingua ci si può sentire liberi e si può credere di avere la possibilità di affermarsi nella società”.
In queste scuole, ciascuno studente è affidato ad un professore che si dedica pienamente a lui e alla sua formazione, andando a creare così un rapporto unico e inimitabile con il proprio allievo: è proprio in questo modo che il dottor Carlucci ha incontrato Zahir.
La storia raccontata nel libro è basata naturalmente sui fatti realmente accaduti nella vita del ragazzo, accompagnati anche da tremendi episodi di invenzione narrativa.
Durante l’incontro che ha avuto luogo martedì 4 aprile 2023 e che ha visto protagonisti gli alunni del nostro liceo e l’autore del romanzo, i ragazzi hanno avuto occasione di porgergli alcune interessanti domande proprio su ciò che fosse stato inventato e su ciò che fosse vero, impressionati dalle scene cruenti e terribili lette nel libro.
In realtà, prima ancora di trattare propriamente della materia del romanzo, l’autore ha approfondito con gli alunni tutta la situazione politica ed economica dell’Afghanistan, presentando anche la questione della guerra e cercando di spiegare nella maniera più chiara possibile quale fosse la situazione attuale: da quando i Talebani hanno riacquistato il potere, dopo che le truppe americane hanno abbandonato il paese nel 2021, è stato restaurato un regime tra i più severi al mondo, fatto di segregazioni riservate specialmente alle donne. Naturalmente, il clima che si respira è tutt’altro che sereno e rende impossibili le condizioni di vita delle povere persone che ancora vivono lì.
Dopo oltre un anno di potere dei Talebani, nessuna nazione riconosce la loro autorità all’interno del paese.

Foto di Ilaria Sputore

La luce che brillava negli occhi dell’autore mentre raccontava come sia nato il suo libro è stata ciò che ha lasciato più emozionare i ragazzi.
L’empatia e la confidenza che si sono create tra l’allievo Zahir e il suo tutor ci fanno riflettere su quanta bontà ancora appartenga alle persone, sul fatto che, anche se a qualche centinaia di kilometri da noi, la nostra metà esista realmente e su come si possa sempre trovare un amico con cui confidarsi su tutto, indipendentemente dall’età, dal luogo di provenienza, dalle esperienze vissute.
L’autore ha poi raccontato qualcosa di davvero toccante riguardo una testimonianza riportata nelle ultime pagine del libro, dove sono presenti delle fotografie. Esse mostrano il verbale dell’interrogatorio condotto dalla polizia a Zahir, una volta giunto in Italia. Dopo due ore interminabili di colloquio che certamente saranno state non molto facili per il ragazzo, il comandante gli ha posto un’ultima importante domanda: “Zahir, sei stanco?”. Questo gesto di umanità, questa dimostrazione di vicinanza da parte di un agente di polizia verso un ragazzo esausto da un viaggio lunghissimo e fatale, ha suscitato una intensa emozione nell’autore del libro, il quale, inevitabilmente, non ha potuto fare a meno di raccontare, ancora una volta, nient’altro che la realtà di persone meno fortunate di noi…

Questa è la storia di Zahir, una delle tante testimonianze dirette che riescono a far avvicinare noi ragazzi sempre di più a questo tema così importante e spesso così trascurato. È grazie a splendide occasioni come quella di oggi che riusciamo a cogliere il più possibile da questi preziosi reporter che si fanno portavoce di storie sfortunate e che allo stesso tempo ci fanno profondamente riflettere. È stata un’ottima occasione per sensibilizzarci maggiormente ed è certo che questa storia, insieme al suo scrittore e al suo protagonista, ha lasciato un vero segno dentro i nostri cuori.

 

Giorgia Smargiassi