La straordinaria impresa politica di Rita Montagnana

Rita Montagnana nasce a Torino nel 1895 da una famiglia di salde tradizioni ebraiche e di deciso orientamento socialista, che impartisce alle figlie un’educazione improntata su principi paritari.

Dopo la morte del padre, all’età di quattordici anni intraprende il mestiere di sarta. Inizia così anche il suo apprendistato politico poiché aderisce agli scioperi delle sarte torinesi del 1909 e del 1911.  Nel 1914 si iscrive al Partito Socialista italiano, nel quale ricopre diversi incarichi, diventando dirigente provinciale e regionale del movimento giovanile, e sempre in quell’anno è segretaria del Circolo femminile socialista «la Difesa».

Partecipa nel 1917 alle rivolte torinesi per il pane, mentre nel 1919 aderisce al movimento dei Consigli operai e all’occupazione delle fabbriche. Nel 1921 passa, con il gruppo “ordinovista”  (Ordine Nuovo) di Antonio Gramsci, nel Partito Comunista Italiano, che la invia come delegata alla II Conferenza Femminile Internazionale e al III Congresso dell’Internazionale comunista a Mosca (Komintern).

Nel quartiere popolare di Borgo San Paolo dove vivono, i Montagnana stringono legami di amicizia con le altre famiglie comuniste, trasformando la loro casa in un centro di dibattito che ha molte somiglianze con le strutture di base dell’organizzazione politica. Legami consolidati favoriscono la trasmissione della propaganda e nell’immaginario dei militanti assumono un valore anche sul piano simbolico. In questi primi anni di vita del partito, Rita collabora con Camilla Ravera alla costruzione del movimento femminile comunista.

Con l’avvento del fascismo entrò in clandestinità con il nome di “Marisa”, dedicandosi a tempo pieno alle attività del Partito. In questi anni conobbe Palmiro Togliatti con il quale si sposò nel 1924: l’anno dopo nacque il loro unico figlio, Aldo che – in seguito all’esilio che li avrebbe visti spostarsi tra Svizzera, Francia, Spagna e Unione Sovietica, dove Rita fu una delle poche donne a frequentare la Scuola leninista di formazione quadri – fu affidato all’Istituto di Ivanovo, in Urss, creato proprio per l’accoglienza dei figli dei più noti leader comunisti allora in clandestinità.

Partecipa alla guerra civile in Spagna, poi torna in Unione Sovietica dove collabora alle trasmissioni di Radio Mosca. Rientra in Italia nel maggio 1944, cominciando una nuova intensa fase di impegno politico come leader dell’organizzazione femminile del Pci. La lunga esperienza ne fa uno dei personaggi più ammirati, le giovani osservano e apprezzano la sua disinvoltura.  Montagnana crede profondamente nella necessità di rendere le italiane protagoniste della politica per uscire dalle macerie del fascismo e della guerra. Per questo il voto alle donne è la sua prima preoccupazione: già il 10 febbraio 1945, in un intervento nell’Aula Magna del Liceo Visconti al Collegio romano, rivendica con orgoglio la conquista del suffragio femminile adottato nel Consiglio dei Ministri del 30 gennaio.  «Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani».

Il 2 giugno 1946 le italiane votano con una percentuale dell’89% pari a quella degli uomini per il Referendum istituzionale e l’Assemblea Costituente. La massiccia partecipazione dell’elettorato femminile taglia corto con tutti i dubbi sollevati dagli antisuffragisti sull’uso che le donne avrebbero fatto di questo diritto. Rita Montagnana, nel XIII Collegio risulta prima fra gli eletti del Pci alla Costituente, con 68.722 voti di preferenza: è un successo straordinario.  Insieme ad altre 20 rappresentanti femminili dà il suo contributo alla Carta fondamentale della Repubblica. Insieme a Teresa Mattei, diventa l’ideatrice del simbolo della mimosa, che farà la sua comparsa quell’anno, in occasione della celebrazione della giornata internazionale della donna.

Ha quasi cinquant’anni e approda a Montecitorio forte del prestigio accumulato sin da giovanissima nella lotta politica e sindacale, nella clandestinità, nel lungo esilio in Urss al fianco di Togliatti e nell’attività nei movimenti femminili. Chiusa la fase della Costituente, s’impegna nella campagna elettorale del 1948 e, sebbene risulti eletta senatrice, non manca di lanciare l’allarme sulla sotto-rappresentanza delle donne, poche candidate e poche elette, un errore e un’indicazione sbagliata per l’elettorato e per il partito. «Vi è stato anche da parte dei compagni dirigenti, salvo eccezioni, una enorme incomprensione verso il lavoro femminile. Si sono tagliate le ali, si sono demoralizzate, umiliate anche le compagne migliori, più qualificate, con un ottimo passato di partito»

Dopo la separazione da Togliatti, che nel frattempo si era unito alla giovane Nilde Iotti, Rita Montagnana abbandona progressivamente l’attività politica e dal 1958 si ritira a vita privata con il figlio Aldo affetto da disturbi nervosi. Morirà nel 1979.

Francesca Rossi