Con questo originale racconto Rebecca Lacorte della I QL, Liceo Scientifico delle Scienze Applicate Quadriennale, del Secondo Istituto di Istruzione Superiore “A. Ruiz” di Augusta, ha vinto il concorso “Augusta folk”.
«Io sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall’aspra terra natia circondata dal mare immenso e geloso».
Così diceva Luigi Pirandello elogiando la sua amata terra; un insieme di colori, profumi ed emozioni. Un posto che non puoi non amare; con quell’atmosfera allegra e festaiola, la spensieratezza domina l’animo della gente che scopre la bellezza della colonia greca più straordinaria mai creata.
Ma probabilmente non è così per tutti; in Sicilia vive un ragazzino che ha appena compiuto quattordici anni e non ha mai amato la sua isola, Leonardo. Nato nella città di Siracusa, ha sempre e solo visto gli aspetti negativi e orridi della regione; la mafia, lo spaccio, la violenza, la volgarità del dialetto. Non si sente siciliano, anzi, al solo pensiero, gli vengono i brividi tanto da correggere irritato tutti coloro che lo appellano in tal modo. Leo, soprannominato così da tutti, è un normalissimo adolescente; odia la scuola nonostante abbia dei discreti risultati, ama il calcio e i videogiochi, passa interi pomeriggi davanti alla Playstation e qualche volta esce con gli amici. È al primo anno dell’istituto informatico e ha già le idee chiare per il futuro. Sogna di diventare un programmatore e di trasferirsi all’estero. Adora il cinema, soprattutto i film horror e da un paio d’anni coltiva la passione della scrittura e in primo luogo della poesia, scrivendone almeno una alla sera e abbozzando qualche verso. I suoi ideali rispecchiano proprio quelli di un ragazzo che inizia ad essere più maturo e che scopre sempre più la realtà che lo circonda. Detesta la società, le sue ingiustizie, la politica e tutto il patriottismo intorno all’Italia e alla regione in cui vive dalla sua nascita. Il suo odio però entra in conflitto con suo nonno, Sebastiano, siciliano orgoglioso che conosce ogni tradizione della Trinacria. Uomo dal cuore grande e molto calmo, il nonno di Leo è sempre stato il saggio della famiglia, sempre felice di dare consigli e di ascoltare le persone. La sua passione più grande era rappresentata sicuramente dalla sua terra natìa; affascinato dalla storia della Sicilia sin da giovane, ha cercato e studiato nei minimi dettagli usanze, abitudini, costumi, tradizioni culinarie della Trinacria. Con il lavoro e la famiglia tale interesse non svanì, anzi si allargò a tutti, fu così che il padre di Leo crebbe conoscendo le tradizioni siciliane in maniera approfondita; ma si sa, quando si diventa adulti svanisce il nostro fanciullino interiore e tutti quei gioiosi momenti vennero presto dimenticati. Rimasto vedovo, da ormai sette anni vive nella villetta di Leonardo, nel piano superiore della casa, in un bilocale molto ampio. Il nonno aveva uno stile di vita pacifico e abitudinario. Il momento della giornata da lui più amato era la cena: poteva scambiare qualche parola con il suo nipotino e ne era entusiasta; al contrario, Leo odiava passare del tempo con gli adulti e soprattutto con i “vecchi”, così li chiamava con una fredda schiettezza tipica di un adolescente. Li considerava come un vecchio gioco impolverato messo da parte da anni in un angolo della mansarda. Quando il nonno con aria dolce cercava di conversare durante la cena, Leonardo lo ignorava continuando a guardare fisso sul suo telefono o rispondeva con monosillabi lasciando intuire la sua seccatura. Sebastiano non discuteva mai con il ragazzo, molte volte indisciplinato: nonostante la veneranda età di 81 anni ricordava ancora l’adolescenza e il senso di solitudine e inadeguatezza che provava ogni ragazzino. Leo sorbiva quindi solo i continui rimproveri dei genitori che lo tormentavano ribadendo la sua fortuna nell’avere il nonno presente, ma non prestava tanta attenzione facendo finta di ascoltarli. La vita dei due non si incrociava mai eccetto che per qualche compleanno, anniversario o feste patronali a cui il nonno teneva moltissimo. Ma lui e il nipotino Leonardo si sarebbe uniti molto grazie ad un evento casuale.
Una mattina, mentre il ragazzo stava per andare a scuola venne fermato dai genitori. Tutti e tre si sedettero intorno al tavolo e Leo fu informato di un cambiamento radicale che stava per affrontare. I suoi genitori, due avvocati di successo, ero stati chiamati a lavorare per un mese in Germania, a Berlino e il ragazzino sarebbe dovuto rimanere a Siracusa con il nonno Sebastiano. Leonardo si infuriò, batté i pugni sul tavolo e quasi gridò dalla rabbia. In realtà il suo totale disaccordo non derivava dalla proposta lavorativa stessa, non voleva convivere per tutto quel tempo con suo nonno, non ne voleva proprio sapere. Si alzò di scatto e corse a scuola ancora in preda a una grande collera.
Il pomeriggio stesso la madre del giovane aiutò il nonno Sebastiano a spostare i suoi indumenti al piano inferiore: in questo modo avrebbe potuto controllare meglio Leo e passarci più tempo insieme. Proprio in quel momento fece ritorno a casa, si tolse il cappotto e le scarpe senza fiatare, si sedette davanti alla stufetta in salotto e non rivolse neanche uno sguardo al nonno, mentre salutò la madre con un cenno del capo. Era un freddo pomeriggio d’inverno e tra meno di ventiquattro ore sarebbe partita con il padre. Il ragazzo si alzò di scatto e si diresse verso la sua camera, chiuse la porta e non si fece più sentire. Alle sei di mattina Leo era già sveglio che fissava il soffitto pensando al mese che avrebbe passato con il nonno. Ad un tratto qualcuno bussò, il ragazzo aprì la porta e i genitori lo abbracciarono senza lasciargli respiro, era il loro bambino e volevano salutarlo affettuosamente. Dopo il tenero momento, salutarono il nonno Sebastiano e uscirono di casa diretti verso l’aeroporto. Si erano ormai fatte quasi le sette, così il ragazzo iniziò a prepararsi, passò più volte davanti al nonno che cucinava la colazione in cucina, abbozzò un mezzo sorriso che sembrava più una faccia disgustata. Indossato il cappello, prese la cartella, lo salutò e chiuse la porta di casa. Il nonno si emozionò molto per quel semplice gesto tanto che chiamò subito la mamma di Leo per annunciarglielo entusiasta. Passò una settimana e i due comunicavano solo per cose essenziali. Sebastiano cercò a volte di invogliare il nipotino a far qualcosa insieme ma riceveva solo rifiuti; non insisteva molto poiché non voleva stressarlo, era sempre stato troppo buono. All’undicesimo giorno di convivenza però qualcosa cambiò. Erano le tre del pomeriggio e come sempre Leo era chiuso nella sua stanza, stava studiando quando il nonno spalancò la porta senza neanche bussare e gli porse una felpa:-Vestiti ragazzo! Muoviti.- esclamò. Inizialmente Leonardo avrebbe voluto rispondere con sgarbo come sempre ma poi, pensandoci un attimo, decise di prepararsi; forse dopo questo pomeriggio insieme lo avrebbe lasciato stare. I due uscirono di casa e dopo una passeggiata arrivarono all’ingresso del Teatro dei pupi in via della Giudecca. Presero due biglietti per lo spettacolo serale e si sedettero in prima fila. Mancava una mezz’oretta all’inizio e il nonno Sebastiano si servì di quel tempo per raccontare al giovane la tradizione dei pupi e la sua nascita: -Pensa Leo, il creatore di questo teatro conosceva mio nonno, anzi, erano stati amici d’infanzia ma poi le loro strade si separarono, la loro amicizia era così bella che tutti li invidiavano per la complicità e la fratellanza. Li chiamavano “i dui carusi Ciccio e Iano”. La tradizione dei pupi è una delle più importanti e significative della nostra isola.- Il ragazzo, inizialmente annoiato, pian piano si interessò alla storia, che, in effetti, apparteneva anche a lui. Il nonno continuò a raccontare: -Le marionette siciliane diventarono popolari nel corso dell’Ottocento e, quando ero piccolo, molti miei amici volevano diventare pupari, un lavoro divertente e molto emozionante che anche io feci per un periodo quand’ero ragazzino. Quanto mi divertivo, soprattutto nel momento in cui muovevo i fili del prode Orlando nell’Orlando furioso. È proprio questo spettacolo che ti ho portato a vedere. Guarda sta iniziando!- Leo quasi non si accorse dell’inizio dello spettacolo per quanto era stato trasportato dalla storia del suo nonnino. I due vissero un’esperienza magnifica all’interno della tradizione siciliana e quando finì Leo, uscendo dal teatro, per la prima volta si sentì orgoglioso di essere siciliano, di appartenere a quella terra. Erano ormai quasi le dieci e per concludere in bellezza la serata si sedettero in un bar gustando due buoni arancini, al ragù per il nonno e al pistacchio per Leo. Tornati a casa si sistemarono, il ragazzo si appoggiò sul divano, era molto stanco ma non era stato così felice da tempo. Mentre si dirigeva verso la sua stanza per un meritato riposo abbozzò un sorriso e farfugliò qualcosa che sembrava avvicinarsi alla frase “ ti voglio bene nonno”.
Da quel giorno le cose cambiarono, i due iniziarono ad uscire quasi ogni pomeriggio e ogni volta era una nuova avventura. Andarono un fine settimana sul monte Etna, costruendo pupazzi di neve insieme e cimentandosi in lotte di palle di neve molto agguerrite; a più di 1500 metri di altezza, Leo si divertì un mondo sul Mongibello e anche il nonno sembrava quasi un ragazzino. Si spostarono poi, un paio di giorni dopo, verso Noto dove si imbatterono in un gruppo folklorista che rallegravano la città, si ritrovarono a partecipare ad una tarantella siciliana, a suon di tamburello: nonno Sebby si scatenò ballando con il nipotino le note di “Ciuri Ciuri”, cantando a squarciagola. Seguirono altri canti e Leo non smetteva di muoversi e batter le mani a ritmo. In macchina, al ritorno, il ragazzo prese il suo telefono e cercò su Youtube altre canzoni siciliane, da “Cantu di li carritteri” a “Vitti ‘Na Crozza”, continuò la festa e Leo cercava di imparare il dialetto ascoltandole a ripetizione mentre il nonno rideva a crepapelle, raccontando della famosa infiorata di Aprile che aveva luogo a Noto, un evento popolare molto famoso la cui caratteristica erano i fiori che formano rappresentazioni floreali dei luoghi e delle tradizioni più importanti dell’isola.
Altro giorno altra avventura da vivere, i due si incamminarono proprio nella città dove Leo era nato ma che non aveva mai visitato con interesse: Siracusa. Una passeggiata al centro storico e una pausa sotto la statua di Archimede mentre il ragazzo, con il libro di matematica alla mano, leggeva una pagina con un approfondimento sulle sue scoperte. Leo era estasiato e alzando le spalle pensò fiero: -Siamo nati nello stesso luogo, lui ha calcato questa terra, è un vero e proprio siciliano ed è stato fondamentale per la creazione della matematica che studiamo oggi! Ma non solo, ha protetto anche la sua amata terra dagli invasori romani; ha battuto la prepotenza con l’ingegno e tramite un gioco di specchi, utilizzando il Sole, ha bruciato le vele delle navi nemiche. Che grande uomo! -Leo era sempre più felice di esser nato in Sicilia, si sentiva quasi onorato.
Il tempo passava e il ragazzo era sempre più unito al nonno Sebby, mancava sempre meno al ritorno dei suoi genitori, era passato quasi un mese. Una delle ultime gite, prima del loro ritorno, fu a Palermo, Leo e il suo nonnino passarono due giorni alla scoperta della città; durante il viaggio di andata si fermarono per pranzare in una trattoria, i due trovarono un’anziana signora che ricamava un tessuto con il motivo tipico delle maioliche siciliane ed al centro un ficodindia ricco di frutti; Leo si mise vicino a lei e chiese di spiegargli come fare e dopo varie prove iniziò a ricamare il tessuto sopra una maglietta, assistito dalla donna. Dopo aver terminato due magliette personalizzate, nonno e nipote le indossarono e fecero un bel pranzo con pasta con le sarde accompagnata da pane e panelle, una caponatina e, per finire, una cassata ricca di ricotta e dei cannoli. Una visita alla città capoluogo della Sicilia, Leo si precipitò subito, appena arrivati, verso il palazzo dei Normanni, si era informato in modo approfondito nel tragitto e questa volta fu lui a raccontare la storia del palazzo al nonno, che ascoltava con un gran sorriso in volto.
-Sai nonno Sebby, il Palazzo Reale è la più antica residenza reale d’Europa. Sono ancora visibili i resti dei primi insediamenti punici, ma la prima parte costruita risale alla dominazione araba nel IX secolo.
I Normanni, in seguito, trasformarono il Castello nel centro della loro monarchia e realizzarono quattro torri collegate tra loro da portici e giardini. Che bello!-.
Una visita spettacolare all’interno di quel luogo e, dopo una tappa nella Cattedrale di Palermo, nonno Sebastiano e il ragazzo si goderono una granita alle mandorle con brioche, ascoltando i palermitani parlare in dialetto. Prima di tornare a casa un’ultima tappa a via Cala, dove sorge uno dei murales più belli che raffigurano i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, che hanno pagato con la vita la lotta contro la mafia; arrivati lì davanti, Leo chinò la testa, il nonno lo cinse per la spalla. Sul volto del ragazzo si vedevano scendere delicate lacrime che gli bagnavano il viso, anche il nonno iniziò a piangere e disse a bassa voce una frase: – “È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”-. Uno dei viaggi più belli per Leo.
Il nonno e il ragazzo fecero ritorno a casa, ancora emozionati. I giorni passarono e si arrivò all’ultimo giorno di convivenza prima del ritorno dei genitori di Leo. La mattina sembrò passare velocemente ma la notte fu difficile per il giovane, non riusciva a togliersi dalla mente i pensieri negativi, tanto che, dopo aver preso sonno, si svegliò di notte impaurito dopo un brutto incubo. Cercò conforto nel nonno, dopo essere entrato di soppiatto nella sua stanza, si appoggiò al cuscino e iniziò a chiamarlo con voce tremolante, nonno Sebby si svegliò e si trovò davanti Leo in lacrime, lo abbracciò stretto e iniziò ad accarezzargli i capelli cantandogli una ninna nanna siciliana, “La Siminzina”, il ragazzo si sentì coccolato e riuscì a calmarsi grazie all’affetto del nonno. Ecco giunto il fatidico giorno, i genitori di Leo ritornarono verso le dodici e, appena il giovane tornò da scuola, si rincontrarono dopo un mese! L’incontro fu emozionante, Leo parve cambiato. In effetti tutte le peripezie con il nonno Sebastiano lo avevano profondamente cambiato e anche il suo pensiero riguardo alla Sicilia era diverso rispetto al mese precedente. La famiglia si riunì, dopo anni furono tutti insieme seduti a chiacchierare e scherzare. Il giovane sembrò comunque turbato da qualcosa, tanto che il nonno lo prese da parte e, stringendolo forte, gli sussurrò all’orecchio, -Leonardo, nel fine settimana nuova avventura!-
Il nonno aveva capito tutto, e Leo sembrò confortato nel sapere che i loro viaggi non sarebbero finiti. Quei momenti così intimi tra di loro avevano aiutato molto il ragazzo nella sua crescita e nell’aprirsi di più con le persone e al contempo anche Sebastiano aveva compreso meglio le nuove generazioni, i loro ideali di pace e libertà, la voglia di scoprire il futuro e di aiutare gli altri, la loro grinta e il coraggio nell’affrontare ostacoli molto diversi e a volte più complessi rispetto a quelli del passato come il cyberbullismo, la solitudine, la dipendenza dai social.
Tutta la famiglia da quel momento iniziò a partecipare alle feste regionali e alle varie sagre, durante le quali Leo acquisiva un pezzo di storia della sua Trinacria. La festa patronale di Santa Lucia il 13 dicembre fu un evento sensazionale e Leo era più euforico del nonno nel partecipare ai festeggiamenti; l’uscita della statua dalla cattedrale fu gioiosa e tutti si accalcavano per vederla e rivolgere una preghiera per le persone care. I fuochi d’artificio colpirono molto il ragazzo, aveva una faccia meravigliata, immobile osservava quelle luci che coloravano il cielo. Momenti indimenticabili e di gioia pura che il ragazzo ha conservato nel corso della sua adolescenza.
I mesi passarono e, ogni volta che avevano un giorno libero, nonno Sebastiano e Leo partivano per una nuova meta, visitarono ogni angolo della Sicilia: dalle isole Eolie a Messina, da Trapani alle meraviglie di Agrigento. Parteciparono a ogni festa tipica, dalla sagra del Pistacchio a Bronte al ballo U roggiu durante la vendemmia, salirono su uno dei tanti carri nella sfilata di Carnevale ad Acireale e passarono le vacanze natalizie dell’anno successivo in montagna, sull’Etna e passeggiando per le strade illuminate di Catania, comprando qualche regalo e souvenir ai mercatini. La stanza di Leonardo era diventata il luogo in cui custodiva gli oggetti comprati nei loro viaggi: ogni avventura era da lui raccontata in dei diari, il primo cassetto della scrivania custodiva infatti decine e decine di diari ognuno dei quali era nominato con un’etichetta in cui era scritto il nome del posto visitato.
Leonardo crebbe in fretta e i suoi sogni cambiarono rapidamente, non voleva più lasciare la sua terra e lavorare come programmatore bensì continuare a vivere nell’amata Trinacria. Finite le superiori iniziò l’università; si iscrisse alla facoltà di “Storia delle tradizioni popolari” realizzando una tesi sulle usanze siciliane per poi divenire un importante divulgatore delle tradizioni della sua terra a livello mondiale. Oggi Leo ha 36 anni, vive ancora a Siracusa con la sua famiglia composta dalla moglie Matilde, ricercatrice presso il Museo Paolo Orsi, il figlio Federico, in onore dell’imperatore Federico II di Svevia e io, Nina, dalla nota poetessa Nina Siciliana. Beh possiamo dire che quel ragazzino di quattordici anni che odiava il suo paese è divenuto un uomo così legato alla Sicilia da non lasciarla, rendendola il fulcro del suo lavoro e della sua vita, anche il motivo per cui si è incontrato con mia madre; i due si videro per la prima volta all’inaugurazione di un centro di ricerca dedicato allo studio dei reperti della tradizione sicula, passarono la serata a chiacchierare di tutti i loro viaggi nei paesini più sperduti ma allo stesso tempo magici dell’isola e scattò il colpo di fulmine. Mio nonno Sebastiano ci ha lasciato tre anni fa ma il suo ricordo è vivo nella famiglia e le tradizioni sono portate avanti da mio papà e da tutti noi. Aveva ragione allora Pirandello quando diceva che “ l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte”. Nonno Sebastiano è nato isola ed è rimasto tale. Dobbiamo sentirci fieri di essere siciliani perché è un privilegio che hanno in pochi, essere isola per tutta la vita è la magia della Sicilia.
Rebecca Lacorte 1QL