Ciao mamma,
ti scrivo ora perché ho trovato un po’ di tempo per farlo da qua, dalla trincea.
Ci hanno appena bombardato, ho sperato ancora una volta che non fosse il mio ultimo giorno di vita.
Sono sempre con l’ansia e la paura di non vederti o non sentirti più.
Adesso, sono rintanato qua in trincea, dietro un muro con altri soldati, tutto sporco di terra, ho molto freddo e c’è molta umidità.
Oggi siamo stati ore e ore ad aspettare l’attacco nemico e hanno ferito più di un centinaio di soldati, alcuni si sono salvati, altri no.
Qui a terra c’è talmente tanto fango che facevano fatica a passare con le barelle e non sono arrivati in tempo al punto dove medicavano.
Io mi sono tagliato un po’ la gamba con delle pietre appuntite attaccate qui in alto al muro, ma niente di allarmante.
Sono stanco, ma non riesco a riposare neanche un po’, basta un secondo di svista che ti hanno già colpito da dietro quando meno te lo aspetti.
Le gambe non mi vanno più avanti, le braccia anche, addormentate dalle tante ore che passo in piedi con l’arma in mano.
Ieri ho avuto molta paura, qui gli spazi sono molto stretti, massimo un metro quadrato, mi è quasi mancata l’aria, rischiavo di morire per soffocamento.
Non mangio da stamattina e non mi sento più lo stomaco.
Spero di arrivare a casa sano e salvo e che ti arrivi la mia lettera prima che sia troppo tardi.
Kevin
Carola Stoppa, 3G, Secondaria Salvemini