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Dallo strappo alla cura – le sfide della giustizia riparativa

Si è tenuto il 10 maggio 2024, nell’Auditorium del Polo Liceale Mattioli, l’incontro ‘Dallo strappo alla cura- le sfide della giustizia riparativa’, iniziativa della prof.ssa Mariella Di Brigida per il progetto ‘Voci da dentro’, al quale noi ragazzi della classe 4E abbiamo preso parte e che ci ha permesso di visitare la Casa Lavoro di Vasto il 22 aprile scorso.

Ospiti la dottoressa Maria Giuseppina Rossi, funzionario giuridico-pedagogico, la dottoressa Marta Elisio, direttrice della cooperativa PMI services e Fabrizio, internato, che ha partecipato ai laboratori di scrittura creativa da noi proposti.

In apertura ‘C’è tempo’ di Ivano Fossati, canzone celebre e bellissima che invita a riflettere su uno dei temi cardine di questo incontro: l’idea che ci sia tempo per rimettere a posto le cose, un tempo per seminare e, dunque, anche uno per raccogliere, idea che è poi alla base del concetto stesso di giustizia riparativa.

A turni, noi alunni abbiamo letto alcuni passi significativi tratti dai lavori di scrittura creativa che i detenuti hanno scritto in queste settimane, secondo le tracce che avevamo lasciato loro il giorno della visita. Testi semplici ma autentici, perché voce di persone che la possibilità e il coraggio di esprimersi non ce l’hanno quasi mai e che hanno saputo raccontarsi e ritrovarsi nei temi della nostalgia, della gratitudine, del perdono, del sogno.

Quindi è intervenuta la Dirigente scolastica, prof.ssa Maria Grazia Angelini, che ha ripreso le parole della canzone e dei testi per ribadire che la vita è un continuo cambiamento e che si può sempre correggere il proprio passo. Inoltre, ha sottolineato la bellezza e la necessità di un progetto come questo, capace di metterci in contatto con una realtà tanto diversa dalla nostra e che può arricchire moltissimo entrambe le parti.

Altri testi, poi la prof.ssa Di Brigida ha presentato in breve il progetto e la nostra volontà di rompere il muro e portare qualcosa di nostro: e cosa di più nostro delle parole? A seguire, un passo tratto dal libro ‘Fine Pena: Ora’ di Elvio Tassone, che analizza il tema della detenzione nella letteratura.

Dopo una pausa di lettura di altri testi, l’intervento della dottoressa Rossi, che ci ha raccontato il suo lavoro da educatrice che ha come presupposto la fiducia nell’utilità della pena e che si compone soprattutto di osservazione e conoscenza dei propri pazienti. Il programma della Casa Lavoro, ci ha spiegato, si divide in retribuzione e prevenzione; ha parlato dell’importanza del lavoro, che permette di dare ‘pubblica utilità’ alla permanenza dei detenuti e di rispettare il diritto che il tempo di queste persone non passi inutilmente. Inoltre, ha fatto luce sulla difficoltà nel prevedere gli effetti della pena e sulle nuove riforme giuridiche che stanno aprendo gli orizzonti a un modo di percepire il reato sempre più umano, aiutato anche dai progetti di collaborazione tra il carcere, gli istituti scolastici e la società: ‘La cosa positiva è questa: che oggi siamo qui a parlarne’.

La parola è passata quindi a Fabrizio, che ha iniziato condividendo la sua esperienza con il corso di sartoria che ha seguito durante la detenzione, di come lo abbia aiutato a scoprire nuovi aspetti di sé e a “ri-assaggiare il valore dell’amicizia”, sentendosi parte di un gruppo per la prima volta dopo tanto. La dottoressa Rossi ha spiegato l’importanza di questi corsi di formazione dal punto di vista del suo lavoro, perché permettono di conoscere aspetti nascosti e potenzialità sempre nuove dei detenuti, utili al reinserimento futuro.

Fabrizio ci ha parlato un po’ di sé attraverso le nostre domande: ha detto di sentirsi accolto dal personale della struttura ed è in buoni rapporti con tutti, del suo progetto di tornare alla falegnameria, che era il suo lavoro e la sua passione più grande, del suo amore per l’arte, la musica, la scrittura, e ha espresso tanta gratitudine per il nostro lavoro, che gli ha permesso di ‘crescere un giorno per ogni tema scritto’; ha descritto l’esperienza ‘devastante’ del trasferimento, che costringe brutalmente a ricominciare da capo, ‘vagabondare’, azzerando tutte le abitudini e le conoscenze.

Ha voluto darci alcuni consigli: quello di non avere pregiudizi anche di fronte agli errori, di non chiuderci in noi stessi e di ‘parlare, parlare, parlare’ perché è l’unico modo per andare avanti, è anche ciò che gli ha permesso di superare le sue difficoltà, ed è l’unico modo per affrontare bene le proprie debolezze. Infine ha ammesso di dovere ‘un camion di scuse e di grazie’ agli amici, ai compagni di cella, alla madre, alla famiglia e, soprattutto, a sé stesso, per essersi privato di tante cose solo a causa di un’azione stupida, ingenua e superficiale, che però gli ha fatto capire molte cose.

Ci ha lasciato un ultimo consiglio: quello di fare sempre del bene, di non assecondare l’impulso ed evitare la violenza, che non serve a niente. ‘Se riuscite a trattenere la violenza per un giorno, sarete felici per un anno’.

Ha preso poi la parola la dottoressa Marta Elisio, che ha raccontato la sua riscoperta delle cose veramente necessarie e basilari della vita, attraverso il lavoro con gli internati, e ha ribadito la sua fiducia nella nostra generazione e la necessità di essere lungimiranti e di lottare per i propri obiettivi. Ha poi spiegato come funziona la sua cooperativa, che collabora con la regione e offre percorsi di studio e recupero scolastico e formazione professionale, come quello di sartoria o quello di manutenzione del verde, tenuto sempre per i detenuti della Casa Lavoro di Vasto: questi corsi rilasciano un attestato valido come qualifica a livello lavorativo e rappresentano quindi una possibilità di reinserimento sociale per gli internati ma anche un’opportunità di lavoro per noi dopo il diploma.

L’incontro si è chiuso con gli ultimi due testi, uno dei quali era un ringraziamento alla nostra iniziativa e l’invito a condividere le nostre impressioni, che siano diverse dai soliti (pre)giudizi che arrivano dall’esterno. Infine, la dottoressa Rossi ci ha invitato a mantenere sempre viva la curiosità, anche nei confronti di situazioni, come quella del carcere, così apparentemente lontane da noi: con l’augurio che questo sia solo la prima di una lunga serie di ‘voci da dentro’.

Arianna Roberti