Lo scorso lunedì 3 giugno 2024, nella sala consiliare del Comune di Pescara si è svolta la cerimonia di premiazione dell’Hubruzzo Debate Championship 2024, coronamento del partecipatissimo torneo ospitato dal Liceo classico “G. D’Annunzio” di Pescara sabato 1 giugno.
Il Polo liceale Mattioli si è distinto schierando quattro squadre, due per il torneo italiano (Mattioli Rosso, formato da Chiara Di Biase, Noemi Di Gregorio, Diana Pachioli e Georgia Popa e Mattioli Verde, formato da Michele Pio Ciccarelli, Michelangelo Grimaldi e Lorenzo Iacovelli) e due per il torneo in lingua inglese (Mattioli Red, formato da Alexandro Baptiste, Anna Maria Luciano e Anelisse Stancila, e Mattioli Green, formata da Laura D’Annunzio, Sofia Di Edoardo e Hiba Nadir). E ben due squadre sono giunte a disputare la finale: i ragazzi del Mattioli Verde hanno sfidato i debaters del “GB Vico Fucsia” di Chieti, mentre le ragazze del Mattioli Green hanno affrontato i ragazzi del “D’Annunzio Rosso” di Pescara, aggiudicandosi, in entrambi i casi, la medaglia d’argento. Una menzione d’onore va a Lorenzo Iacovelli, che si è classificato come secondo miglior debater dell’intero torneo.
Giunto ormai alla sua quarta edizione, il prestigioso torneo rappresenta il culmine di un articolato percorso formativo promosso dalla Fondazione Hubruzzo, comprendente numerose attività, tra cui un Academy di Debate tenuta da un formatore internazionale. Il tema intorno al quale hanno discusso i ragazzi è stato quello delle aree interne, che da anni risentono ormai di una preoccupante crisi demografica. Per Raimondo Castellucci, direttore generale della Fondazione, la speranza è quella di coltivare, tramite queste attività, giovani talenti, ma soprattutto di attrarli e trattenerli nella nostra regione, che tanto ha bisogno di menti brillanti.
Oltre a Castellucci, a presenziare alla cerimonia erano Sergio Galbiati e Marcello Vinciguerra, rispettivamente presidente e consigliere della Fondazione Hubruzzo, Armando Foschi consigliere comunale di Pescara delegato dal presidente del Consiglio Comunale, e Rosanna Buono dell’Ufficio scolastico regionale, ambito Chieti – Pescara. Proprio quest’ultima ha ricordato il grande valore formativo di questa pratica, annoverata da ormai più di dieci anni tra le Avanguardie educative di Indire. Ma come è stato osservato, se i ragazzi possono portare alla luce quelle doti di analisi critica, capacità retorica e ascolto attivo è anche grazie all’oscuro lavoro dei coach, definiti “insegnanti potenziati” proprio per la natura caleidoscopica del loro ruolo.
Chiamato a prendere la parola, il professor Matteo Giangrande, che tanta parte ha avuto in questi anni nel promuovere le attività di debate a livello regionale e nazionale, ha sintetizzato il senso dell’operato dei coach ricorrendo a un noto passo de Le città invisibili di Italo Calvino: uno dei possibili modi per resistere all’inferno dei viventi, quello che abitiamo ogni giorno, è riconoscere ciò che inferno non è e fargli spazio.
Di fronte alla citazione, non ho potuto fare a meno di ripensare al mio percorso da neofita coach. Ho rivissuto il primo incontro con i ragazzi, quando ci siamo studiati con sguardi silenziosi, incerti su quello che l’anno scolastico ci avrebbe riservato. Ho ripensato al primo rientro pomeridiano in cui rimasi da sola ad allenare quei ragazzi che cercavano in me una guida e non sapevano di avere davanti una coach impaurita di fronte al ruolo che le spettava (anche se probabilmente lo avevano intuito). Ho riprovato l’imbarazzo di tutte quelle volte in cui venivo apostrofata come coach di una squadra che conoscevo a malapena e che a malapena sapevo allenare. Ma poi sono affiorate distintamente le emozioni provate quando ho ascoltato per la prima volta i miei ragazzi dibattere in un torneo, non più tra le quattro mura delle nostre aule: quanta adrenalina per le loro vittorie, quale gioia nel vederli tirare fuori una capacità affabulatoria che non credevo possibile! E poi, tutte insieme, eccole lì: le risate, le confidenze, i brainstorming che avevano il sapore di una chiacchierata, le chiacchierate che avevano il sapore di riflessioni più profonde, gli sguardi smaniosi di ricevere un complimento o un appunto. Allora, tutto è diventato chiaro: aver fatto spazio a questi ragazzi è stata la mia personalissima forma di resistenza all’inferno. E non smetterò mai di essere loro grata per questo.
Irene Bianchi