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Mercato di corso Sardegna: ossigeno o veleno per il quartiere?

Di Alberto Ferraris, 1D

Il mercato ortofrutticolo di Genova in corso Sardegna è stato per quasi un secolo parte attiva e cuore pulsante del centro cittadino, tra i quartieri di Marassi e San Fruttuoso. Dopo anni prima di stallo e poi di ristrutturazione l’area è stata recentemente riaperta con una destinazione totalmente diversa.

Le piccole attività che hanno dato lavoro per generazioni a persone che vivevano a Genova hanno lasciato il posto a multinazionali che, oltre a rendere questo luogo simile ad altri fuori regione, delocalizzano i ricavi fuori dal territorio. Approfondiamo l’argomento con Gabriele Ruocco, consigliere municipale della bassa val Bisagno dell’area di corso Sardegna ex mercato.

Quale è stato il ruolo della politica locale in questa trasformazione soprattutto nella possibilità o meno per aziende locali di insediarsi in quell’area?

L’amministrazione municipale inizialmente ha proposto di creare un parco. Sarebbe stata un’area verde importante all’interno di un quartiere fortemente cementificato. Purtroppo questa ipotesi non è stata presa in considerazione dal sindaco e dall’amministrazione dell’epoca che hanno deciso di costruire un centro commerciale. Grazie al lavoro del Municipio siamo riusciti a costruire il campo da pallone, i giochi per i bambini e qualche alberello. Inizialmente era stato proposto ai commercianti della zona di poter spostare le proprie attività all’interno del mercato con dei costi di gestione calmierati. Successivamente gli alti costi degli affitti dei locali hanno di fatto reso impossibile questa soluzione: a quei prezzi solo le multinazionali e le grandi aziende potevano permetterselo. 

mercato corso sardegna in costruzione

 

Oltre alle regole della concorrenza e del libero mercato ci sono altri valori che la politica può mettere in campo per il bene del territorio?

Questa è una bella domanda. I valori della politica sono differenti rispetto alla parte di appartenenza. I valori dovrebbero essere la tutela dei cittadini, specie i più fragili e deboli. La tutela dell’ambiente. Garantire il diritto di lavorare. Di studiare. La sanità pubblica. Quelli che sono scritti nella nostra meravigliosa costituzione. Purtroppo non è sempre così. I tempi sono cambiati e alcuni politici si dimenticano di questi valori.

Il mercato ortofrutticolo saturava di camion il quartiere, questo mi risulta essere uno dei motivi dello spostamento del mercato stesso. Le attività attuali come riescono a mitigare l’impatto di traffico? 

All’epoca il tratto di corso Sardegna direzione monte era chiuso al traffico la notte e la mattina per permettere lo scarico delle merci e lo stazionamento dei mezzi di trasporto alimentari. Il tratto direzione centro era a senso unico alternato, controllato a inizio e fine percorso da agenti di polizia municipale che si occupavano di regolare il traffico. Paradossalmente il traffico di mezzi privati è aumentato nonostante molte piccole attività commerciali in corso Sardegna abbiamo chiuso e le grandi attività siano state concentrate all’interno dell’ex mercato. Ma in generale il traffico privato è aumentato in tutta la città. Non c’è una correlazione diretta con il vecchio e nuovo mercato.

Quale ruolo ha avuto la logistica nel determinare la destinazione degli spazi in un quartiere che già subisce l’impatto degli eventi sportivi nel vicino stadio?

Gli spazi disponibili non sono molti, come del resto in tutta la città. Questo è dato dalla conformazione del territorio. La logistica si è comportata di conseguenza, adattandosi a un tessuto urbano molto complesso.

L’area di sport aperta al pubblico del Mercato mi risulta prevedesse dei canestri di basket, lavoro ad oggi non effettuato. C’è  una previsione di completamento oppure dobbiamo rassegnarci allo stereotipo bambine-bambole maschi-calcio?

Il progetto è terminato. Inizialmente dovevano esserci più spazi verdi e ludici. Purtroppo chi ha deciso non ha tenuto in considerazione tutte le proposte che il Municipio aveva raccolto dai cittadini. È mancato questo spazio di confronto costruttivo, come sta mancando anche per altri progetti che riguardano la città. C’è una tendenza a presentare progetti già finanziati senza aprire tavoli di confronto con i cittadini, che subiscono passivamente progetti calati dall’alto.

C’è il rischio che l’area venga ‘svuotata’ da un giorno all’altro, qualora le multinazionali trovassero un mercato più conveniente dove spostarsi, senza dover ad esempio tenere conto dei sacrifici che dovrebbe fare per traslocare un piccolo negozio a gestione familiare?

L’area pubblica è stata ceduta in affitto a un privato per 99 anni ed è regolamentata da un contratto. Il Comune e il privato sono obbligati a rispettare gli accordi presi. Qualora uno dei due o entrambi non dovessero rispettare il contratto stipulato, lo stesso non avrebbe più valore. Tutto può succedere, ma tendenzialmente i contratti sono convenienti se vengono rispettati da entrambe le parti che li stipulano. Il rischio che le attività delocalizzino c’è. È un rischio remoto, ma non impossibile.