‘’Dal 7 ottobre Israele è in guerra, Israele non ha iniziato questa guerra, Israele non voleva questa guerra ma Israele vincerà questa guerra’’.
Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu annuncia al mondo l’inizio delle operazioni militari nella Striscia di Gaza. Sebbene sia noto come le ostilità tra Israele e Palestina abbiano radici ben più durature del 7 ottobre.
Netanyahu da allora ha rilasciato diverse interviste e dichiarazioni ma, per scoprire quali siano davvero le intenzioni del suo governo, bisogna indagare più a fondo il passato politico di questo personaggio.
Chi è Netanyahu?
Dopo una giovinezza passata tra Israele e Stati Uniti, Netanyahu è entrato a far parte nel 1967 della Sayeret Matkal, un’associazione specializzata in terrorismo e operazioni di salvataggio. Dopo la morte del fratello durante una missione in Uganda, il giovane soldato farà della lotta al terrorismo una questione personale.
Da ambasciatore presso le Nazioni Unite, nel 1996 diventa Primo Ministro fino al 1999. In seguito al secondo mandato, dal 2009 al 2021, viene rieletto nel 2022.
Netanyahu non ha mai voluto lo Stato di Palestina
La linea politica che accompagna i suoi anni di governo, mira principalmente all’eliminazione della minaccia terroristica dagli stati mussulmani per garantire sicurezza a Israele. Grazie a ciò, è riuscito ad assicurarsi molti consensi, soprattutto poiché giustifica l’invasione di Gaza come risposta a Hamas.
Infatti, durante un’intervista alla televisione americana CNBC, rivela di non volere la formazione della Palestina poiché ‘’sarebbe una terribile ricompensa per persone che hanno compiuto il peggior massacro contro gli ebrei dall’Olocausto’’. Tuttavia, è necessario riconoscere come fin dal principio non abbia mai considerato veramente la convivenza di due stati indipendenti come Israele e Palestina, ritenendo ingiusta l’esistenza di un ventiduesimo stato arabo al posto di un grande stato ebraico. Effettivamente, le decisioni e le manovre portate avanti nel corso degli anni, rispecchiano in parte il punto di vista sionista del padre Benzion Netanyahu.
In un articolo del “Time”, datato 2012, viene analizzato come l’ideologia del padre possa averlo influenzato. In particolare si riporta un’intervista al quotidiano ‘’Ma’ariv’’ in cui Benzion dichiara: ‘’potrebbe mirare ai miei stessi obiettivi, ma tiene per sé i modi per raggiungerli … Sto parlando di tattiche riguardanti la rivelazione di teorie che persone con ideologie diverse potrebbero non accettare’’.
Le teorie sioniste in questione reclamano la riconquista della ‘’Grande Israele’’ in quanto terra promessa dalla Bibbia comprendente non solo la Cisgiordania, ma anche la Giordania, assieme alla creazione di un ‘’muro di ferro’’ che la divida dagli stati arabi.
In seguito, Benzion sostiene che ‘’la soluzione dei due Stati non esiste. Non esiste un popolo palestinese’’. Su questo punto anche il figlio sembra essere d’accordo, quando negli anni ’90 si oppone agli accordi di Oslo, i quali avrebbero dovuto garantire l’indipendenza di entrambi gli stati. Se qualcuno, invece, tentasse di sostenere il contrario, ricordando come nei primi anni del 2000 Netanyahu abbia tentato di riconoscere la Palestina, emergono evidenti le irrealistiche condizioni proposte: la demilitarizzazione, niente spazio aereo, nessun accordo militare con l’estero e la rinuncia alla totalità di Gerusalemme.
L’avversione verso gli arabi
Sempre alla CNBC, Netanyahu afferma che ‘’l’80% dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania supportano le crudeltà’’, lasciando intendere che concettualmente la maggior parte della popolazione civile può essere associata ai terroristi. Da qui appare esplicita una visione razzista dei mussulmani e degli arabi in generale. Senza contare che in un panorama di questo tipo la figura dell’ ‘’innocente’’ è soggetta a interpretazione.
Perciò si presenta costruita la frase ‘’per noi ogni civile ucciso è una tragedia … ma per Hamas è una strategia per aumentare i morti’’, poiché non pare ritenesse preziose le loro vite più di quanto non lo faccia Hamas quando, durante una manifestazione contro gli accordi di Oslo, pronunciava un discorso alla folla, affacciato da un balcone da cui pendeva la scritta ‘’Morte agli arabi’’, proprio nel centro di Gerusalemme.
E se ciò non dovesse bastare per dimostrare il lato controverso del capo del governo, si può accennare ai poco raccomandabili personaggi estremisti che si trovano oggi membri della sua coalizione.
Per iniziare abbiamo Itamar Ben-Gvir, ministro della sicurezza nazionale con alle spalle una condanna per incitamento al razzismo e al terrorismo. Avrebbe partecipato nel ’95 al finto corteo funebre dell’allora primo ministro Yitzhak Rabin.
Poi c’è Bezalel Smotrich, ministro delle finanze che ha negato apertamente l’esistenza di un popolo, di una lingua e di una cultura palestinese. Tra l’altro pretendendo che il villaggio di Huwara, in Cisgiordania, andasse completamente ‘’spazzato via’’ durante l’occupazione di quelle zone.
Lo stesso padre di Netanyahu sosteneva che ‘’La tendenza al conflitto è nell’essenza dell’arabo … La sua personalità non gli permetterà alcun compromesso o accordo ‘’ e poi, riferendosi al 20% dei cittadini israeliani che sono arabi, che è necessario ‘’parlare agli arabi israeliani nella lingua che capiscono: la lingua della forza’’.
Sebbene non si possano accertare le vere intenzioni del figlio, quest’ultimo non si è chiaramente allontanato nei fatti dal pensiero del padre.
Israele non accetta compromessi
Dunque, si capisce come Netanyahu non abbia e non abbia mai avuto alcuna intenzione di raggiungere un compromesso, e probabilmente il popolo palestinese non è disposto ad accettare l’oppressione di Israele. Dal 2018, con la proposta della Stato-Nazione, a oggi, il piano del governo non è cambiato: solo il popolo ebraico può esercitare il diritto all’autodeterminazione, l’ebraico è la lingua ufficiale mentre l’arabo è declassato a status speciale e gli insediamenti illegali in Cisgiordania sono del tutto legittimi. D’altronde lo stesso Netanyahu è convinto, che ‘’ci vedono come coloni’’ ma ‘’re David dichiarò nostra capitale (Gerusalemme) 3000 anni fa, quindi sembrerebbe il contrario ’’.
Hamas è un pretesto
Nonostante Netanyahu oggi mostri avversione verso l’organizzazione di Hamas, esistono prove del fatto che lo stesso governo d’Israele abbia contribuito alla sua crescita. Nel novembre del 2023 il giornale ‘’Politico’’ riporta le parole dell’ex primo ministro Ehud Olmert: ‘’Negli ultimi quindici anni, Israele ha fatto di tutto per declassare l’Autorità palestinese e rafforzare Hamas … Gaza era sull’orlo del collasso perché non aveva risorse’’. Quindi Netanyahu ha fatto un accordo con il Qatar e hanno iniziato a spostare milioni a Gaza. La cosa più incriminante sono le parole dello stesso Netanyahu nel 2019: ‘’Chiunque voglia impedire la creazione di uno Stato palestinese, deve sostenere Hamas’’. Suona poi abbastanza incoerente quando riferisce che ‘’ voleva evitare un collasso umanitario civile’’, considerando il panorama attuale. Anche Smotrich, nel 2015, ha definito Hamas come una ‘’risorsa’’.
Di conseguenza, Israele avrebbe aiutato Hamas a indebolire il governo locale per evitare la formazione di uno stato palestinese e, dato che con Hamas non esistono trattative di pace, si arriva alla totale eliminazione delle possibilità per questo di esistere. Un ottimo pretesto per invadere Gaza.
In tutto ciò Hamas non è certo da appoggiare per le numerose stragi commesse. Tuttavia va considerato come entrambe le parti si siano preoccupate di proteggere esclusivamente i propri interessi senza promuovere un effettivo progetto di pace che porti stabilità. Quindi, se non si è disposti a parteggiare per Hamas, non bisogna neanche sposare il progetto Israeliano poiché l’ingiustizia e l’estremismo sono ugualmente presenti.
Francesca Pachioli