Nel buio abissale della sua efferata attività criminale, avvolto dal mistero dalla sua vera identità, “il cacciatore della notte” fu il soprannome che i cittadini americani affibbiarono a Richard Ramirez, uno dei primi serial killer identificati come tali, che hanno segnato la storia degli Stati Uniti del secolo precedente.
Il termine di “omicida seriale” si incarnava perfettamente nella figura di Ramirez, un individuo che traeva piacere sadico nel commettere ripetuti delitti ed atti di violenza senza un motivo apparente.
Una persona dalla psiche distorta, fortemente segnata da traumi infantili e cerebrali, questi ultimi causati principalmente da un avvenuto trauma cranico.
Per queste ragioni possiamo attribuire, in parte, la responsabilità della sua furia criminale agli eventi caratterizzanti della sua infanzia ed adolescenza che hanno giocato un ruolo importante nella sua formazione.
Si tratta di avvenimenti apparentemente mediocri, insinuatisi poi timidamente nella sua giovane mente malleabile, fino a corrodere del tutto la percezione che ogni individuo dovrebbe avere del concetto di “giusto o sbagliato”.
La sua storia inizia a El Paso, Texas, nel freddo febbraio del 1960, nato da genitori tormentati, Mercedes e Julian Ramirez. Il padre, un uomo violento, sembrava aver inciso, nell’anima dei suoi cinque figli, una traccia indelebile di oscurità. A soli due anni, Ramirez subì un trauma cranico quando un comò gli cadde in testa, e solo tre anni dopo, scivolando da un’altalena, ebbe un altro incidente, della stessa gravità del precedente, inaugurando così una lunga serie di attacchi epilettici che lo accompagnarono fino alla morte, avvenuta nel 2013.
Un tassello fondamentale nella formazione distorta di Ramirez fu il rapporto con il cugino Miguel, reduce della guerra in Vietnam. Passava intere giornate in compagnia di Richard mostrandogli scatti polaroid di civili vietnamiti violentemente uccisi e torturati da lui stesso. Questi scatti macabri furono motivo di vanto per il veterano, ancora provato mentalmente da quelle esperienze, tanto da non curarsi dell’età critica in cui si trovava Ramirez, ovvero in pieno sviluppo adolescenziale; motivo per cui, il ragazzo, assorbiva a pieno i racconti del cugino, accorgendosi ben presto di trarre un oscuro e inquietante piacere da tutta quella violenza.
Il punto di non ritorno si materializzò quando, sotto lo sguardo attendo di Richard, durante una lite con la moglie, Miguel le sparò un colpo in testa lasciandola immediatamente senza vita.
Da questo momento in poi smise di frequentare la scuola e passò un’ intera estate a Los Angeles, dal fratello, dove iniziò a fare uso di sostanze come marijuana e LSD.
Nel 1989 fu condannato a morte per l’esecuzione di 14 omicidi (avvenuti tra il 1984 e il 1985) ed altri capi d’accusa, tra cui cinque tentati omicidi, 11 violenze sessuali e 14 furti con scasso.
Federica De Dominicis