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“De profundis” una delle opere più toccanti di Oscar Wilde

La straordinaria lettera nota come “De profundis”, probabilmente fra le più lunghe mai scritte (50.000 parole), ha la particolarità di essere stata letta dal destinatario solo molti anni dopo la sua stesura e in un luogo perlomeno inconsueto, l’aula di un tribunale.

L’opera è indirizzata al suo ex amante, Lord Alfred Douglas. In questo testo appassionato e riflessivo, oltre a ripercorrere passo per passo le fasi della loro relazione, Wilde esplora temi di amore, dolore, perdono e redenzione.
La relazione tra Oscar Wilde e Lord Alfred Douglas è spesso descritta come tossica, caratterizzata da un amore intenso ma distruttivo. Wilde era profondamente innamorato di Douglas, che rappresentava per lui un ideale di bellezza e giovinezza. Questa idealizzazione, tuttavia, lo portò a sacrificare molto, inclusa la sua carriera e la sua reputazione. Douglas, a volte, esercitava una certa manipolazione emotiva su Wilde. Le sue richieste e il suo stile di vita dissipato lo spingevano a prendere decisioni che danneggiavano la sua vita personale e professionale.

La relazione portò Wilde a essere coinvolto in scandali pubblici, culminati nel suo arresto e nella condanna per omosessualità. Douglas, pur essendo il catalizzatore di molte delle sue sofferenze, rimase spesso nel ruolo di vittima nella narrazione pubblica. La relazione si deteriorò nel tempo, con Wilde che alla fine si distaccò da Douglas, ma non prima di aver subito profonde ferite emotive e sociali.  La sua vita e la sua carriera furono irreparabilmente alterate.

Il 25 maggio 1895 Oscar Wilde, all’epoca notissimo scrittore e commediografo di successo, fu condannato a due anni di lavori forzati perché giudicato colpevole di “gross idecency”, ovvero “oscena indecenza”, eufemismo per indicare ogni atto omosessuale, pubblico o privato.
Comminandogli il massimo della pena, il giudice Wills si rammaricò dell’inadeguatezza di questa, infatti la legge applicata era recente e considerata umanitaria; quella precedentemente in vigore puniva i reati legati all’omosessualità addirittura con la morte.
Ai due anni di carcere si unirono la bancarotta finanziaria (i libri non si vendettero più, le commedie furono ritirate) e la morte civile (divorzio dalla moglie, perdita dei figli, ostracismo della società). Con la condanna Wilde veniva colpito dal ritorno di un boomerang che aveva scagliato lui sporgendo querela per diffamazione contro il marchese di Queensberry, padre del suo giovane e affascinante amico Lord Alfred Douglas, Bosie per gli amici.

Bosie era un brillante aristocratico e promettente poeta (nonché noto omosessuale, al di sopra degli scandali grazie alla posizione privilegiata). Il marchese era un uomo violento e collerico, e come tale detestato dai figli e dalla moglie da cui aveva divorziato anni prima. Queensburry aveva scatenato una vera e propria campagna persecutoria nei confronti di Wilde, di cui disapprovava l’esibita amicizia col figlio Bosie ; lo aveva minacciato più volte e aveva cercato di impedire la prima di una sua opera, gli episodi culminarono con un biglietto sgrammaticato colmo di minacce lasciato al club dello scrittore dublinese.
Fu Bosie a convincere Oscar a trascinare il padre in tribunale e “dargli una lezione”; ma come si sarebbe potuto prevedere, il marchese non si fece cogliere di sorpresa: i suoi investigatori rintracciarono nel mondo della prostituzione maschile i partner di certi festini; sicuramente remunerati dal marchese, e non perseguibili per i reati di cui implicitamente si accusavano in quanto testimoni a carico di un terzo, questi fecero passare Wilde sul banco degli accusati e determinarono la condanna di cui sopra.

Durante gli anni in carcere Wilde scrive la lettera “De profundis” indirizzata a Bosie, il quale non si degnò mai di fargli visita.
Wilde fu rilasciato il 19 maggio del 1897, il giorno dopo si imbarcò per la Francia, da dove non sarebbe più tornato. Prima di partire affidò il manoscritto al fedele amico Ross, incaricandolo di farne fare una copia e di inviare l’originale a Douglas, che aveva deciso di non rivedere mai più. Ross obbedì, ma Bosie lesse solo le prime righe, e non apprezzando il tono distrusse e dimenticò il tutto.
Dopo solo tre mesi dall’esilio francese Wilde riprese a corrispondere con Bosie come se nulla fosse, a tal proposito Ross e altri amici lo rimproverarono di aver ripreso il sodalizio. Qualche tempo dopo Wilde avrebbe scritto in un’altra lettera, da Napoli, dove trascorreva un ultimo inverno col suo Dorian Grey prima della frattura definitiva: “ Io lo amo, e l’ho sempre amato. Mi ha rovinato la vita , e proprio per questa ragione a quanto pare sono costretto ad amarlo di più ”.
Questa relazione complessa e tumultuosa è stata oggetto di molte analisi e discussioni, non solo per il suo impatto sulla vita di Wilde, ma anche per le sue implicazioni più ampie sulle questioni di amore, identità e libertà personale.

“De profundis” è un capolavoro che combina introspezione profonda e critica sociale. È un’opera che invita il lettore a confrontarsi con le proprie esperienze di amore e dolore, un testo di grande rilevanza e impatto emotivo.                            

                                           Nicole Manzi