Un atto di coraggio in nome della libertà

Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la dedichiamo alla giovane studentessa iraniana Ahoo Daryaei.

“Sono giorni che mi chiedo come possano non interessare storie di diritti violati come quello di Ahoo Daryaei, studentessa di Teheran, scomparsa dopo aver sfidato il potere. 
Come non interessi l’impatto di alcuni regimi violenti, come non interessi che in Afghanistan alle donne sia proibito cantare o parlare in pubblico.
Donne torturate, uccise, scomparse, trattate come pazze. Perché sono distanti da noi? Perché non le raccontiamo bene, siamo poco arrabbiati, poco poetici, poco retorici? Perché l’algoritmo ci condiziona penalizzandoci?” (F. Barra) 

All’inizio di novembre, nel cortile del dipartimento di Scienze e Ricerca dell’Università Islamica Azad di Teheran, veniva arrestata dalla polizia morale Ahoo Daryaei per essersi spogliata in segno di protesta contro l’oppressione del regime degli Ayatollah.

Le immagini riprese dai video mostrano la ragazza seduta nel cortile dell’Università, con indosso solo biancheria intima. Dopo qualche istante si alza, inizia a camminare tra la folla indifferente, fino a quando un’auto le si ferma accanto e alcuni uomini la costringono brutalmente a salire a bordo. Secondo alcune fonti, la ragazza è stata ricoverata presso un ospedale psichiatrico, costretta a seguire un “corso di rieducazione”, una pratica repressiva utilizzata per silenziare chi si oppone al sistema.

Nel corso dei giorni, diverse le versioni che si sono susseguite: per alcuni la  giovane ha iniziato la protesta dopo essere stata fermata dalla polizia a causa del velo indossato in maniera errata; qualche studente afferma invece che la ragazza è stata fermata dalle autorità dell’Università per essere entrata nelle aule disturbando le lezioni; in un video caricato sui media dal regime, un ipotetico marito sostiene che la donna abbia problemi psicologici. Molti attivisti e cittadini leggono in quest’ultimo gesto un tentativo del regime di delegittimare le proteste, dichiarando come instabile mentalmente chiunque provi a manifestare per far valere i propri diritti. Risulta difficile la ricostruzione dei fatti avvenuti poiché, nel regime, non esiste la libertà di stampa, né tantomeno la libertà di espressione.

Movimenti come  Femen International e One Law for All,  hanno indetto un’ iniziativa di solidarietà per Ahoo, chiedendone il rilascio, preoccupati per i possibili maltrattamenti a cui la ragazza potrebbe essere sottoposta durante la detenzione.

Chiede la sua libertà anche l’artista AleXsandro Palombo, attraverso il murales dal titolo “ Freedom”, apparso sul muro del Consolato dell’Iran a Milano.

“Ahoo Daryaei ci ha donato il suo corpo come atto d’amore universale per farne un’arma pacifica con cui sfidare il regime islamico degli Ayatollah. Il suo gesto è profondo, il suo sacrificio è dirompente, Ahoo Daryaei ci invita a diffondere il messaggio attraverso il suo corpo e a portare avanti l’urlo di libertà e di coraggio delle donne iraniane. Un monito a non voltarci dall’altra parte, a lottare insieme a loro per non essere complici e indifferenti” ha dichiarato Palombo.

Non è la prima volta che la sua arte si occupa dei diritti delle donne iraniane. L’artista, dopo la morte di Mahsa Amini (la 22enne arrestata due anni fa dalla polizia morale per aver indossato in maniera inappropriata l’hijab e morta dopo alcuni giorni di detenzione), aveva realizzato una serie di opere che hanno fatto il giro del mondo dal titolo “The Cut”, “The Cut 1” e “The Final Cut” con protagonista Marge Simpson che tagliava i suoi iconici capelli per celebrare Mahsa Amini e il coraggio delle iraniane. La morte di Mahsa ha dato avvio al movimento di protesta “Donna, Vita, Libertà”, che ha portato migliaia di donne iraniane a sfidare le restrizioni imposte dal regime. Molte tra loro sono state arrestate, rinchiuse in manicomio, uccise per aver provato a riconquistare i loro diritti, diritti che sono sempre più venuti meno e cancellati.

Afferma l’attivista Maryam Namazie: “nella storia le donne che non si conformano e resistono sono state definite pazze, ma la vera follia è questo regime teocratico e misogino nel XXI secolo”. 

                                                                                               Angelica Buccigrossi