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Vestigia flammae 2: tecnicismi dell’animo con Andrea Zanzotto

Il testo che sarà oggi oggetto di commento, già citato in un precedente articolo  (https://lascuolafanotizia.it/2024/02/03/i-polarizzatori/), è 13 settembre 1959 (variante), un’opera di Andrea Zanzotto (1921 – 2011), poeta italiano contemporaneo fra i più letti e studiati all’estero, facente parte della raccolta IX Ecloghe (1962) e caratterizzata eminentemente dallo spiccato impiego di tecnicismi di vario ambito, come si avrà modo di notare meglio successivamente. Si riporta qui il testo: 

Luna puella pallidula,

Luna flora eremitica,

Luna unica selenita,

distonia vita traviata,

atonia vita evitata,

mataia, matta morula,

vampirisma, paralisi,

glabro latte, polarizzato zucchero,

peste innocente, patrona inclemente,

protovergine, alfa privativo,

degravitante sughero,

pomo e potenza della polvere,

phiala e coscienza delle tenebre

geyser, fase, cariocinesi,

Luna neve nevissima novissima,

Luna glacies-glaciei,

Luna medulla cordis mei,

Vertigine

Per secanti e tangenti fugitiva

 La mole della mia fatica

già da me sgombri

la mia sostanza sgombri

a me cresci a me vieni a te vengo

(Luna puella pallidula)

La lirica, di manifesto tema lunare, fu composta in occasione dell’impatto della sonda spaziale Luna 2 sul satellite selenita avvenuta, come riporta il titolo, il tredici settembre 1959; si trattava di una sonda prodotta dall’URSS e il primo marchingegno costruito dall’uomo a raggiungere la superficie di un altro corpo celeste.

Studiando i vocaboli del testo, si riconoscono parole greche (per esempio, mataia, femminile singolare di μάταιος ‘inane, futile’), vocaboli latini (mei, medulla ‘midollo’, cordis [può essere reso con ‘cuore’, anche se generalmente, in medicina, indica specificamente il pericardio], glacies-glaciei, quest’ultima secondo la declinazione latina, phiala etc.), grecismi (glabro ‘privo di peli’, eremitico etc.), latinismi (per esempio, novissima, sostanza, matta da matus, mata, matum ‘umido’, con geminazione), arcaismi (per esempio, fugitiva), neologismi (come protovergine o vampirisma); si rinvengono numerosi tecnicismi: per esempio, flora (ambito botanico), distonia (‘conflittualità interiore’, ambito psicologico), morula (‘stadio esadecacellulare dell’embrione’, ambito embriologico), cariocinesi (‘mitosi’, ambito citologico), selenita (‘lunare’, ambito astronomico), polarizzato (ambito fisico), paralisi (ambito medico), alfa privativo (ambito linguistico), geyser (ambito geologico). A proposito dell’uso di tecnismi, già dalla Commedia sono in uso in ambito poetico (alcuni esempi di vasta notorietà: idropesì, poppa, tetragono, rifratta etc.), sebbene siano stati a lungo ritenuti non adatti a comparire nei testi poetici (escludendo il revival illuminista), divenendo in voga soprattutto nel Novecento da Pascoli a Sanguineti e Zanzotto stesso.

La lirica si apre con un’anafora trimembre (“Luna […] / Luna […] / Luna”) ai vv. 1 – 3 e ripetuta ai vv. 14 – 16, con ripresa al penultimo verso; inoltre, si presenta articolata in una serie di attributi riferiti alla luna o a sostantivi che la definiscono, il tutto disposto in sintagmi vocativi. Si noti, poi, l’utilizzo della maiuscola per designare il satellite Luna, suggerendo simultaneamente scientificità e la natura di senhal (‘appellativo fittizio tipico della poesia provenzale’) del lessema.

La critica ha sottolineato la rilevanza, soprattutto per la costruzione dell’inizio del componimento, di una citazione all’imperatore Adriano (Animula vagula blandula), posta, fra l’altro, in epigrafe a Ecloga IV. Polifemo, Bolla fenomenica, Primavera, della stessa raccolta IX Ecloghe. Adriano si riferisce all’anima, Zanzotto alla Luna, ma è possibile, dato il contenuto del v. 17 (“Luna medulla cordis mei”), ipotizzare che i due soggetti si sovrappongano, generando un’opposizione tra l’animo e l’oggetto risultato della proiezione esteriore di tale animo, la Luna. Secondo questa interpretazione, autorizzata anche dall’articolo Il tempo tra nostalgia e memoria di P. Bozzaro, la forma del testo sarebbe approssimabile a quella di un nastro di Möbius, una superficie non orientabile (come l’individuo straniato, che proietta il proprio io fuori di sé) percorribile dall’interno all’esterno senza attraversare alcun bordo e senza praticare alcun foro. Si evidenzia, così, l’opposizione inserimento – disinserimento/interno – esterno, che sarà ancor più evidente nella raccolta Il Galateo in Bosco (1978) con esiti più marcatamente filosofici, insieme con la ciclicità dell’opera che si ripete, con una musicalità ininterrotta, attraversando il varco che conduce il lettore dall’io-Zanzotto (io-lettore) all’io-Luna (io-Altro) senza soluzione di continuità.

Michelangelo Grimaldi