Il Medioevo è spesso considerato come un’età di decadimento per la cultura e l’istruzione, soprattutto in relazione alla precedente epoca romana, ma è proprio in questo periodo che si pongono le basi della scuola così come la concepiamo oggi.
La Chiesa diventò l’unica depositaria del patrimonio culturale antico e si impegnò per ricostituire e mantenere viva una rete di strutture per la formazione scolastica primaria e di livello più alto. Il Concilio di Toledo e il Concilio di Vaison stabilirono che presso le sedi vescovili e nelle chiese rurali dovessero essere attivate scuole per istruire i fanciulli. Scuole non più pubbliche, come erano quelle di epoca romana, ma ecclesiastiche, all’interno delle quali i principali insegnamenti erano il latino, le Sacre Scritture e gli autori cristiani.
Il livello di analfabetismo era comunque molto elevato, anche se tanti potevano accedere all’istruzione elementare. Nel XII secolo la situazione della scuola inizia a cambiare. Mentre cominciano a scomparire le scuole parrocchiali, sorgono nuove scuole religiose, affidate a benedettini e a domenicani. In genere, in ogni scuola insegnava un solo maestro che poteva avere più di 100 allievi. Inoltre, nel corso del XIII secolo sono state istituite le prime Università.
Nel Medioevo, le Università iniziarono a nascere tra il XII e il XIII secolo, evolvendo da scuole esistenti nelle chiese e nei monasteri. La prima Università, considerata tale, è quella di Bologna, fondata nel 1088 come centro di studi giuridici. Seguì l’Università di Parigi, che ottenne riconoscimenti ufficiali nel 1200 e nel 1215. Queste istituzioni si diffusero rapidamente in Europa, raggiungendo almeno venti Università attive nel 1300. Le Università erano organizzate come corporazioni, con cariche elettive e un Rettore a capo. Le materie di studio includevano diritto, medicina, arti liberali e teologia, quest’ultima riservata a Parigi per lungo tempo. Gli studenti, dopo un percorso di studi variabile, potevano ottenere la licentia ubique docendi, che consentiva loro di insegnare ovunque nel mondo cristiano. La nascita delle università portò anche a conflitti, in particolare a causa della presenza di studenti stranieri e delle polemiche con gli ordini mendicanti, accusati di concorrenza sleale. Nonostante le sfide, le università riuscirono a sopravvivere e a consolidarsi.
Nelle università medievali le lezioni si articolavano in tre momenti: la lectio, consistente in un’analisi puntuale dei testi, la quaestio, ossia un commento esplicativo, e infine la disputatio, una sorta di discussione monotematica, con domande e risposte, che poteva durare diversi giorni.
Si trattava non soltanto di una rivoluzione in termini di metodo di studio, ma anche di un diverso modo di accostarsi ai problemi: nella lettura dei testi sacri, la quaestio permetteva di isolare singoli temi e di discuterli in maniera critica, dando origine ad un sapere teologico, per la prima volta, sistematico. L’anno accademico, nelle università medievali, durava più che ai giorni nostri: la parte meno importante dell’anno era rappresentata dalle lezioni ordinarie, che si tenevano dal primo giorno di ottobre alla Quaresima; nella seconda parte dell’anno, ossia dalla Quaresima a fine giugno, oltre alle lezioni ordinarie si tenevano anche lezioni extraordinarie, le quali, a differenza delle prime che si tenevano di buon mattino, iniziavano dopo l’ora terza (le nove) e duravano fino all’ora del desinare. Il materiale didattico impiegato era molto simile a quello che, ancora oggi, circola nei vari atenei: vi era l’exemplar, ossia il testo del corso, di pugno del docente, cui si affiancavano dispense contenenti gli appunti degli studenti di cui il maestro avesse autorizzato col suo visto la pubblicazione (reportatio); intorno alle università, né più né meno come oggi, fioriva una piccola industria che fabbricava e distribuiva queste dispense, riunite in fascicoletti (pecia).
Francesca Assogna