Il monastero di San Vincenzo al Volturno

Il complesso dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno è in provincia di Isernia, a poca distanza dal confine con il Lazio e l’Abruzzo, all’interno dei comuni di Castel San Vincenzo e di Rocchetta a Volturno. In quest’area esisteva già in epoca tardoromana una chiesa per San Vincenzo di Saragozza, costruita per volere dell’imperatore Costantino. Nel corso del VIII secolo, tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, decisero di edificare un monastero per dedicarsi a preghiere e meditazione. 

San Vincenzo divenne nel 787 una delle più grandi abbazie d’Europa grazie ai privilegi concessi da Carlo Magno che riconobbe l’importanza del territorio e concesse ai monaci diversi privilegi e immunità. Ciò permise all’area di prosperare. Alla fine dell’VIII secolo venne avviato un grosso progetto di ricostruzione edilizia: in questo contesto prese vita la chiesa abbaziale di San Vincenzo Maggiore, disegnata sul modello dell’antica basilica di San Pietro a Roma.  Sotto la guida degli abati Giosuè, Talarico e Epifanio, raggiunse dimensioni di una vera città monastica con dieci chiese, estese terre e una comunità di 350 monaci. Questi luoghi arrivarono al massimo splendore artistico e culturale intorno all’840. Le uniche battute d’arresto al suo sviluppo vennero segnate da un disastroso terremoto nell’847, che danneggiò numerosi edifici, e da sanguinose incursioni saracene. I saraceni provenienti da Napoli fecero irruzione nel monastero saccheggiandolo e incendiandolo. Queste incursioni costrinsero la comunità ad abbandonare il sito per circa 80 anni.

Il declino dell’abbazia

I monaci sopravvissuti decisero di trasferirsi a Capua per mettersi in sicurezza. Quando il monastero venne ritrovato sotto strati di terra, furono recuperate anche numerose frecce saracene.

La zona si ripopolò nel X secolo, quando l’abbazia di San Vincenzo al Volturno era già in completo abbandono e rovina. I monaci decisero quindi di riorganizzare il territorio costruendo villaggi fortificati sulle cime delle colline e utilizzando le terre circostanti per essere coltivate. Purtroppo nel 1042 il monastero subì un nuovo saccheggio da parte di una famiglia locale, i Borrelli. L’abate reggente del monastero decise così di trasferire l’intero insediamento lungo la riva est del fiume Volturno, valutata più sicura, dove ancora oggi si trova l’abbazia.

Nel 1383 San Vincenzo al Volturno venne danneggiata e incendiata nuovamente, questa volta dagli Angioini. Nei secoli successivi continuò comunque la vita nel monastero e nel 1699 passò alle dirette dipendenze di Montecassino. Con la dominazione napoleonica la vita del monastero subì un’interruzione che gettò le basi di un totale abbandono. Solo nel 1990 venne ripreso lo stile di vita monastico grazie a delle suore provenienti dall’America, che hanno intrapreso anche un progetto di recupero dell’abbazia.

La riscoperta del monastero

I resti del monastero altomedievale di San Vincenzo al Volturno tornarono alla luce solo nel 1832. Un contadino che stava lavorando la terra cadde per sbaglio all’interno della cripta affrescata del complesso di San Vincenzo Minore, sepolta per quasi 900 anni sotto terrazzamenti agricoli. Degli scavi avvennero nel 1960 su volontà di Don Angelo Pantoni, un monaco benedettino dell’Abbazia di Montecassino, impegnato nella ricostruzione dell’attuale chiesa. 

Cosa visitare

Con un accesso libero si può visitare l’abbazia risalente al XII secolo. Al suo fianco si eleva il palazzo abbaziale, che ospita all’interno una comunità monastica benedettina di clausura, per questo i visitatori non vi possono accedere. Poco distante dall’abbazia sorge un complesso monumentale dove si possono osservare i resti di San Vincenzo Maggiore e San Vincenzo Minore.

L’acquedotto augusteo

Altro elemento importante di questo luogo è senza dubbio l’acquedotto Augusteo che si estende per circa 30 km. La struttura collegava l’abbazia con Venafro e la maggior parte di essa si snoda sotto terra. Per quanto riguarda i materiali di realizzazione dove possibile è stata utilizzata direttamente la roccia naturale. 

Abbazia Nuova

Dietro gli archi dell’acquedotto sorge l’abbazia nuova, consacrata nel 1115 da Papa Pasquale II. L’edificio venne innalzato su i resti di una necropoli sannitica. Oggi lo si può visitare ma del suo aspetto originale rimane ben poco, dato che venne restaurato nel 1960. Conserva ancora molto bene invece alcuni aspetti storici come il coro trecentesco, l’impianto romanico dell’atria, il pavimento in opus sectile e il portico dei pellegrini.

Il sito archeologico

L’area archeologica, che dista poche centinaia di metri dall’abbazia, rappresenta il sito monastico alto medievale meglio conservato in Europa. All’interno dell’area si può osservare ciò che rimane della basilica di San Vincenzo Maggiore e San Vincenzo Minore

San Vincenzo Minore

La basilica occupa la parte settentrionale del complesso. È composta da due chiese e il refettorio dei monaci è dotato di un pavimento in laterizi che si apre sulla sala dei profeti. San Vincenzo Minore ospita anche la famosa cripta di Epifanio e il chiostro al cui interno si trova il lavatorium.

San Vincenzo Maggiore

È la più grande basilica presente risalente all’808. Ospita una cripta semicircolare affrescata che aveva lo scopo di ospitare le reliquie dei santi. Lungo il lato settentrionale ci sono i resti della cappella di Santa Restituita, risalente all’XI secolo. 

Oggi San Vincenzo al Volturno è il sito archeologico di età altomedievale più importante d’Europa. Un esempio insuperabile per capire cosa dovesse essere un grande monastero dell’età di Carlo Magno, quando questi insediamenti furono i principali depositari della cultura e della spiritualità europea. Il Molise custodisce un tesoro d’inestimabile importanza, che l’archeologia sta pazientemente riscoprendo.

Ines Caruso

Sofia Franzone