Il bullismo consiste in atti di aggressione frequenti e persistenti ai danni di una o più vittime che non possono difendersi a causa dello squilibrio di status o di potere che viene confermato dall’ambiente circostante. Il bullo non ha empatia né compassione e vuole fare del male con intenzione, spesso per nascondere una propria debolezza o insicurezza mostrandosi forte agli occhi degli altri, ma a discapito della vittima.
Il bullismo può essere di tipo fisico attraverso aggressioni come calci, pugni, spintoni o furti; di tipo verbale con insulti e derisioni dirette o indirette; di tipo psicologico tramite sabotaggi ai rapporti di amicizia della vittima con il fine di isolarla.
Quando la dimensione di discriminazione violenta è finalizzata a denigrare una persona per la sua reale o presunta identità di genere, orientamento sessuale o espressione di genere, parliamo di “bullismo omofobico”. Esso può includere aggressioni di ogni tipo, così come l’uso di epiteti omofobici. Questo abuso non attacca solo il soggetto in quanto tale, ma si rivolge anche a una dimensione privata e personale in un’età in cui sta crescendo e scoprendo se stesso.
L’ omofobia non costituisce affatto una fobia, piuttosto una forma di odio verso l’affettività, le persone e i gruppi non eterosessuali, adottando un comportamento evitante e oppositivo nei confronti di essi.
Andrea Spezzacatena il 20 novembre 2012 si è tolto la vita. Aveva quindici anni ed era vittima di bullismo omofobico.
Il nostro Istituto è stato invitato a riflettere su questa terribile tragedia partecipando alla visione del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. Il film gioca con le emozioni dello spettatore tramite inquadrature in primo piano che evidenziano come il corpo e le espressioni comunichino molto più delle parole. La pellicola fa leva su come l’ambiente scolastico influisca sulla salute mentale dei giovani, mostrando la stessa scena prima e dopo gli abusi subiti.
Nella prima parte del film, Andrea si trova in Calabria dai suoi parenti e gioca in modo spensierato e allegro con suo fratello e altri ragazzini, tant’è che suscita il commento di sua nonna che lo reputa infantile, un pagliaccio; al contrario, sua madre, che rappresenta un importante punto di riferimento per il ragazzo, lo definisce un semplice ragazzo felice.
Verso la fine del film, Andrea si trova sempre in Calabria, dai suoi parenti, e non gioca con i bambini come faceva prima: è completamente apatico e indifferente e la sua famiglia se ne accorge.
Andrea era un ragazzo empatico e purtroppo l’empatia è ormai riservata a pochi. Andrea non era un ragazzo debole, perché debole è chi impone la propria forza fisica sugli altri, mentre forte è chi spende la propria anima per un’altra anima in difficoltà.
Non siamo soli, nessuno lo è, si può e si deve chiedere aiuto.
“Non serve essere poeti per soffrire, basta essere adolescenti”.
Luigi D’Aulerio