In un mondo come quello di oggi, in cui i social mostrano modelli di perfezione artefatti, in cui siamo circondati dai canoni di bellezza ed in cui il tempo è vissuto in modo frenetico, possiamo raggiungere la leggerezza?
Proprio pensando alla leggerezza, Gazzè scrive il suo pezzo Su un ciliegio esterno, inserito nell’album “Max Gazzè” ; afferma, in un’intervista uscita sul quotidiano La Repubblica il 20/12/2001: “[…] De Gregori mi ha detto di essere rimasto molto colpito da Su un ciliegio esterno, un fatto che mi ha riempito di gioia perché il protagonista di quella canzone è un personaggio reale che rappresenta la nostra voglia di evadere. […]”
La canzone si apre presentandoci Gianni il sergente, un uomo solitario, sopra le righe, che ad ogni stipendio si reca di corsa al bar più vicino, si veste d’un bel sorriso e, trafelato, entra e chiede duemila liquirizie; poi va a sedersi ai piedi di un ciliegio con un buon libro e il suo recente acquisto, immerso nella pace.
Povero Gianni il sergente vestito elegante/ A pensare su un ciliegio esterno, canta Gazzè, impersonando la voce e i commenti che i più superficiali, e forse anche invidiosi della sua pace interiore, avrebbero pronunciato conoscendolo nel mondo reale.
Guardati bene/ Tu sei sbagliato e fuori moda/ Capelli lunghi/ Hai sempre addosso quel vestito/ Guardati bene/ Ma come fai a non sentirti un idiota/ Che ti rimane/ Se non l’immagine che dai?
Prosegue, poi, con questa strofa in cui si evince quanto oggi il nostro posto nella società sia etichettato dal nostro aspetto esteriore: Gianni non è un uomo che rispetta la moda del momento o a cui piace dedicarsi all’arte del vestire perché lui ha trovato il suo equilibrio e non gli interessa quello che gli altri possono vedere, preferisce piuttosto esprimere il suo animo.
Oramai l’immagine che diamo è spesso ciò che siamo, si sta perdendo il valore della profondità e dell’interiorità sia delle cose che delle persone. Allora questa canzone ci insegna che la pace interiore è esente dalle regole della società, dal vestire, dalla cura dell’estetica, in una realtà in cui queste cose sono puntigliosamente accorte, dove le nostre qualità esteriori sono superiori al bagaglio che portiamo dentro e tutto è più superficiale.
Se il sergente ha trovato la sua pace vicino ad un ciliegio, perché noi non potremo fare lo stesso? Il mondo di oggi ci limita, ma noi possiamo appellarci al nostro ingegno: è nel momento in cui i pregiudizi e gli stereotipi vengono meno che possiamo lavorare sul nostro equilibrio.
Giulia Tiranno