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Da vittima a voce: Somayyeh. Il coraggio di reagire alla violenza

Nella mattinata di giovedì 16 gennaio, le classi quarte e quinte del nostro Istituto hanno partecipato ad un convegno sui temi della condizione della donna in Afghanistan e della violenza di genere, che ha visto ospiti la psicoterapeuta Gioia Di Spalatro e l’avvocato Alessandra Almonti, collaboratrici del Centro Antiviolenza di Vasto, e Somayyeh Mahmoodi, consulente familiare Afgana da tre anni in Italia.

L’incontro è stato organizzato dalla prof.ssa Mariella Di Brigida e da noi studenti della 5E, che avevamo avuto l’opportunità di collaborare con Somayyeh, e trattare temi analoghi, per il nostro elaborato del Festival della Scienza 2025.

In apertura abbiamo presentato il documentario-intervista da noi realizzato e letto dei passi dal romanzo ‘leggere Lolita a Teheran’, autobiografia della prof.ssa iraniana Azar Nafisi che, durante l’occupazione dei talebani, organizzava book clubs clandestini con le sue studentesse le quali, in quanto donne, non avevano più accesso all’istruzione. Una storia di coraggio e riscatto, ma anche testimonianza autentica di violenza di genere, particolarmente calzante con le tematiche dell’incontro.

Dopo l’introduzione, Somayyeh ha preso la parola raccontando la sua storia e la situazione critica del suo paese, guidata dalle domande della prof.ssa Di Brigida. Ha parlato della nostalgia di amici e famiglia, della terra che per tanti anni era stata diversa, accogliente, libera, e del cambiamento radicale ed improvviso – una vera e propria evoluzione in negativo- con l’avvento dei talebani nel 2021 e tutte le sue conseguenze a livello culturale e sociale: la censura, il patriarcato. Poi, il racconto della famiglia divisa in tre continenti e dell’impegno suo e di sua sorella, residente negli Stati Uniti, nel tenere lezioni on-line per fornire un’istruzione alle giovani nipoti afgane e ad altre studentesse. Infine ha spiegato la scelta di diventare psicologa e consulente familiare, abbandonando gli studi di ginecologia, per “rompere il muro” tra sé e le persone; il suo lavoro da consulente le ha permesso di entrare in contatto con tante realtà familiari complicate e di riflettere ulteriormente sulla questione della violenza di genere.

Sulla scia di queste parole abbiamo preso visione del cortometraggio pluripremiato ‘Piccole cose di valore non quantificabile’, storia di una ragazza che utilizza la metafora del ‘furto di sogni’ per denunciare una violenza domestica, evidenziando la difficoltà ad aprirsi e il sentimento di vergogna tipici delle vittime. Nel corto, il carabiniere che accoglie la denuncia cerca di giungere alle informazioni codificando accuratamente le domande e interpretando il linguaggio della donna, secondo un atteggiamento che è quello tipico degli operatori dei Centri Antiviolenza.

L’avvocato Almonti ha presentato il Centro Antiviolenza di Vasto – sede in Via Nelli, Centro Berlinguer e contattabile al numero nazionale 1522– dove le vittime vengono aiutate, a livello di rappresentanza legale e supporto economico e psicologico, a re-impadronirsi della propria vita.

Ha parlato dell’importanza della sensibilizzazione nelle scuole, in vista di un fenomeno radicato a livello culturale. Tuttavia, ha spiegato, il numero crescente di vittime che denunciano e di centri rappresentano un’evoluzione, come anche i grandi progressi fatti in ambito legislativo. L’invito è quello di spingere le donne a superare la paura di parlare, a denunciare prima di non vederne più la via d’uscita, per sconfiggere definitivamente questa problematica che colpisce almeno una volta il 30% della popolazione femminile, (con un sommerso del 75%) indipendentemente dalla condizione economica o sociale.

Nella parte finale dell’incontro ha preso la parola la psicoterapeuta Gioia Di Spalatro, che segue in percorsi di terapia numerose donne che si rivolgono al Centro Antiviolenza. La dottoressa ha voluto illustrare l’escalation della relazione tossica, i vari tipi di violenza (psicologica soprattutto, ma anche fisica ed economica) e come saperli riconoscere per evitare di cadere nella loro trappola.

Infine, un po’ di dati sul territorio: solo nella zona di Vasto, ogni anno sono in media 40 le donne che si rivolgono al Centro; nel 2023 l’associazione Dafne aveva in cura, tra i centri di Vasto, San Salvo e Lanciano, quasi 200 donne. Nel 2024 erano poco più di 150: “le 50 donne di differenza- hanno spiegato l’avvocato e la psicoterapeutica- sono quelle che ce l’hanno fatta”. Questo deve essere il messaggio: dalla cultura della violenza si può uscire solo con un’evoluzione del sistema patriarcale e con la consapevolezza che c’è una possibilità di fuga, di riscatto, di libertà, in Italia e, speriamo il prima possibile, anche in Afghanistan.

Arianna Roberti