La guerra, a pensarci bene, è sì sinonimo di distruzione e annientamento, sia dal punto di vista materiale che sociale, ma è innegabilmente anche un’occasione in cui gli uomini danno il meglio di sé per sopraffare gli altri. E le scoperte scientifiche, da questo punto di vista, sono sempre state l’arma vincente per sconfiggere e sottomettere il nemico.
Di evoluzione tecnologica ha parlato Marco Patricelli, storico esperto dell’Europa del Novecento e della II guerra mondiale. Insignito nel 2010 dell’onorificenza di “Bene Merito” dal Consiglio dei ministri della Repubblica di Polonia per i suoi studi sulla storia polacca, Patricelli ha dedicato la sua carriera ad approfondire il XX secolo, scrivendo libri che meritano particolare attenzione. L’incontro, reso particolarmente vivace dalla personalità brillante dello storico, ha seguito alcune delle tappe dell’evoluzione tecnologica bellica, toccando temi di grande interesse.
L’incontro è iniziato parlando di un oggetto che è ormai parte integrante delle nostre vite: lo smartphone. Ma da dove viene davvero? Ebbene, una delle invenzioni fondamentali per il suo sviluppo si deve a un’attrice degli anni ’30 del Novecento: Hedy Lamarr.
Per molto tempo ingiustamente ricordata solo per essere stata protagonista del primo nudo integrale della storia del cinema, nel film Estasi, Lamarr fu invece la mente dietro l’idea che ha portato alla tecnologia del Wi-Fi. La donna elaborò un sistema di rilevamento per siluri radiocomandati basato su un principio musicale: un sistema a ottantotto frequenze (come i tasti di un pianoforte) che consentiva di saltare da una frequenza all’altra, rendendo difficili le intercettazioni nemiche.
Il viaggio è poi proseguito alla scoperta del motivo per cui nacquero i primi computer. Anche qui, la risposta ci riporta a scopi bellici. C’era la necessità di criptare i messaggi affinché i nemici non riuscissero ad intercettare strategie militari e si potessero garantire, al tempo stesso, comunicazioni sicure. Una delle prime macchine utilizzate per questo scopo fu Enigma, dotata di tre rotori che trasformavano ogni lettera in un’altra in modo apparentemente casuale.
I polacchi a un certo punto, venendo per caso a conoscenza di questa macchina, ne approfittarono per mettersi subito all’opera per trovare il modo di decriptare i messaggi senza che i tedeschi se ne accorgessero, proprio sulla base di quanto avevano potuto vedere con Enigma, compito che venne affidato a tre brillanti studenti di matematica. Tuttavia, ricomporre il messaggio originale richiedeva la posizione iniziale della macchina da cui proveniva il messaggio, oltre che una quantità notevole di tempo.
A risolvere la situazione fu Alan Turing, che creò una macchina molto più avanzata, la Ultra, capace di superare l’ostacolo del tempo e di decifrare i messaggi in modo più efficiente. Tuttavia, questa vittoria tecnologica sollevò problemi etici. Ad esempio, gli alleati, pur conoscendo gli attacchi imminenti del nemico, non sempre potevano intervenire per non insospettire i tedeschi. Inoltre, la stessa figura di Turing fu controversa per vari motivi, tra cui la sua omosessualità, considerata all’epoca come una patologia, per la quale l’inventore fu “curato” con una devastante terapia a base di ormoni.
Il discorso si è poi ampliato per sottolineare come la guerra sia a tutti gli effetti un acceleratore scientifico in molti campi, dalla medicina alla meccanica, fino agli orrori dell’annientamento sistematico degli esseri umani nei campi di concentramento. La Shoah, come evidenziato dal professor Patricelli, non fu affatto un evento casuale, scatenato dalle manie di un folle, come viene spesso definito Hitler, ma un progetto ben preciso, sostenuto da solide basi culturali e scientifiche. Si pensi alla cosiddetta “soluzione finale” della questione ebraica: delineata nella conferenza di Wannsee, essa rappresentò un’evoluzione brutale dell’efficienza della macchina dello sterminio, culminata nell’uso del famigerato gas Zyklon B per superare i limiti fisici e psicologici di chi era incaricato delle esecuzioni dei prigionieri tramite fucilazione.
Un altro esempio di evoluzione tecnologica furono gli aerei, perfezionati durante gli anni ’40 per scopi bellici e da cui derivano applicazioni che troviamo tutt’oggi nell’aviazione civile.
Grazie alla moderatrice del convegno, la professoressa Paola Cerella, è stata approfondita anche parte della produzione letteraria di Patricelli, in particolare con i libri Liberate il Duce! e Il volontario. Quest’ultimo volume narra le eroiche imprese di Witold Pilecki, tenente di cavalleria polacco che, nel 1940, sotto falso nome, si fece arrestare per entrare ad Auschwitz e documentare gli orrori del campo di sterminio. Il suo fu il primo resoconto arrivato agli alleati, ma la sua storia fu ignorata e silenziata per decenni, prima di venire riscoperta e raccontata da Patricelli.
Come quella di Pilecki, tante altre testimonianze attendono di essere conosciute. La speranza è che la ricerca storica possa sempre andare avanti per portarci a quell’unico obiettivo evolutivo che si dovrebbe perseguire davvero: la pace.
Chiara Pica