La fragilità è il luogo della spiritualità.

L’intervento di Monsignore Giacomo Martino

di Elena Iannacchino e Vittoria Marfella, 4B

 

Il 19 novembre 2024 a Palazzo Ducale si è tenuto un evento formativo, rivolto a tutte le professioni del ruolo sanitario, alle scuole e a tutta la cittadinanza. Il titolo dell’incontro era “Spiritualità, gentilezza, consapevolezza. In cammino verso uno stile di vita etico e sano”.

Uno degli ultimi interventi, “Spiritualità, un concetto universale”, è stato quello di Monsignore Giacomo Martino, parroco delegato regionale e membro di diritto del Consiglio Nazionale Cappellani  dell’Amministrazione Penitenziaria.

Martino ha parlato della spiritualità come di un’entità immisurabile, incalcolabile. Gli standard di vita oggi pongono come fine ultimo la carriera, anziché la felicità, che sembra solo un mezzo nella vita dell’uomo, per ottenere  successo. Il risultato di questa operazione è un mondo infelice e pieno di rabbia.

Per fortuna però esiste qualcosa capace di andare oltre i modelli e risistemare i valori, riportando i mezzi come tali e il fine al suo posto: la spiritualità. Il maestro di spiritualità è una persona fragile, perché la fragilità è il luogo della spiritualità. Infatti davanti alla fragilità cadono le maschere del mondo moderno. La fragilità invita a riscoprire ciò che è davvero importante.

Nella relazione si osserva proprio la capacità di andare oltre la fragilità. Nell’incontro con i più fragili ci si ricostruisce reciprocamente. Se si riesce a vivere in relazione con tutti, superando le diversità, allora si vive in armonia. È importante ricostruire la propria vita basandola su valori corretti.

La persona spirituale è quella capace di rallentare, guardare, avvicinarsi, toccare e prendersi cura dell’altro. Tutti necessitano di essere uomini spirituali perché conoscendo l’altro conosciamo noi stessi.

Un elemento importantissimo per giungere alla spiritualità è quindi la gentilezza, la parola stessa viene da gens che significa “famiglia nobile, stirpe”. Questo termine in letteratura cambia accezione con il Dolce Stil Novo, “gentile” diventa infatti non più chi lo è per stirpe, ma per virtù.

La gentilezza può perciò essere coltivata per entrare in relazione con l’altro. La gentilezza è ancora oggi, e tale resterà sempre, una necessità.

La nostra vita è fatta di relazioni e un uomo senza gentilezza è un uomo solo.