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Dalla pietra alla carta: la storia attraverso la codicologia

di Gabriele Coli, Greta Mumolo, Marta Uva e Riccardo Olivieri, 5 B

Il 23 Gennaio 2025 la professoressa Sandra Macchiavello, docente di Paleografia dell’Università di Genova, ha fatto fare un salto nel passato agli studenti del liceo classico Andrea D’Oria, introducendoli al mondo della Codicologia. La codicologia è la disciplina storica che studia il manoscritto.  Il termine manoscritto, dal latino manu scriptus, indica un qualsiasi documento scritto a mano. Esso può trovarsi in forma di codice ma anche di libro o pergamena. La codicologia nasce a partire da altre due discipline, la paleografia e la filologia. La prima consiste nello studio delle caratteristiche e dell’evoluzione delle prime forme di scrittura, la seconda si occupa anch’essa di studiare testi di varia natura per ricostruirne la loro forma originaria con l’analisi critica e comparativa delle fonti. 

Nello specifico la codicologia non si concentra sullo studio del contenuto e del valore storico dei manoscritti, ma del mezzo utilizzato. Si delinea quindi un viaggio a partire dal Papiro, passando per la pergamena, per arrivare infine alla carta. Oggi protende verso una probabile transizione digitale che eliminerà, come successo in passato durante tutte le transizioni, il mezzo precedente. 

I primi supporti scrittori quali le tavolette di argilla, terracotta o metalli come il bronzo, erano inorganici e la scrittura era scolpita o a sgraffio. In epoca classica si utilizzavano molto gli ostraka, cocci di vaso che venivano utilizzati per prendere veloci appunti sfruttando la loro trasportabilità. Inoltre erano anche adibiti al voto al fine di indicare chi esiliare dalla città perché ritenuto un pericolo. Successivamente si passa ad utilizzare supporti organici, come foglie, pelle, ossa e seta, su cui si scriveva con l’inchiostro. 

A partire dal III millennio a.C. invece, inizia ad essere utilizzato il papiro, ricavato da una pianta acquatica presente in abbondanza in Egitto, sul delta del Nilo. Raggiunge la sua massima diffusione nel IV sec. a.C., per poi essere sostituito dalla pergamena nel II secolo a.C.. La pergamena è una membrana ricavata dalla pelle di animale, solitamente agnello o vitello. Plinio il Vecchio, nei suoi scritti, racconta che la Pergamena prende il nome dalla città di Pergamo, in Asia Minore. Questa città vantava la presenza di una biblioteca al pari di quella di Alessandria D’Egitto. A causa della concorrenza tra il sovrano egiziano e il re di Pergamo gli egizi smisero di esportare papiro e Pergamo inventò la pergamena lavorando le pelli di animali. 

Il supporto scrittorio di uso corrente è invece la carta, ottenuta per la prima volta in Cina nel II secolo a.C. dalla corteccia degli alberi. La carta viene creata sciogliendo della cellulosa in acqua, che è  poi raccolta con una rete metallica e fatta asciugare. Gli Arabi hanno il merito di averla portata in Europa intorno al XI secolo d.C. Tuttavia la produzione industriale che ne ha consentito l’uso su larga scala è iniziata solo nell’Ottocento.

Molti dei manoscritti che sono stati conservati fino ai giorni nostri risalgono al Medioevo. I monaci infatti, chiamati amanuensi proprio per l’attività di copiatura a cui si dedicavano, si rinchiudevano negli scriptoria nelle ore più luminose del giorno per trascrivere migliaia di testi antichi che ritenevano di grande importanza per il nostro patrimonio culturale. A questo periodo risale anche il più grande manoscritto del mondo, il Codex Gigas, creato in un monastero benedettino in Boemia attorno al XIII sec. d.C..

Il Codex Gigas è conservato a Praga nella Biblioteca Nazionale Ceca.
Il codice Gigas è anche conosciuto col nome di Bibbia del Diavolo per la grande illustrazione del demonio in esso contenuta e per la leggenda riguardo al fatto che l’autore, per scriverlo, abbia richiesto l’aiuto del demonio.

Prima dell’invenzione della stampa, arrivata con Gutenberg, la circolazione dei testi scritti era molto limitata, a tal punto che i pochi che avessero voluto possedere un certo libro, avrebbero dovuto chiederlo in prestito ad altri per poi copiarlo a mano o delegare il lavoro ad uno scriba. Lo stesso accadeva agli studenti nelle università, i quali, per possedere un libro di testo, erano costretti a farselo dettare dai propri professori.

Inoltre a partire dall’alto medioevo compaiono anche i primi manoscritti miniati, ovvero decorati con pitture ornamentali. In origine il termine miniatura indicava esclusivamente l’immagine realizzata per decorare le lettere iniziali dei capitoli in un manoscritto, tradizionalmente di colore rosso. Successivamente iniziano a diffondersi illustrazioni di piccolo formato e il sostantivo “miniatura” passa ad indicare dipinti, oggetti e forme di dimensioni ridotte.

 

 

Dunque i manoscritti sono documenti estremamente preziosi non solo per il loro contenuto testuale, da cui emerge la nostra identità culturale, ma perché mostrano anche le procedure più o meno travagliate tramite le quali i nostri avi si misuravano nella scrittura e nel difficile ma fondamentale compito di tramandarla.