Convivenza e tolleranza non sono sinonimi però si può dire sicuramente che per convivere bisogna innanzitutto tollerare. La tolleranza parte innanzitutto dalla nostra educazione, dalle nostre qualità e dalle nostre facoltà. A volte ci potremmo imbattere in un pensiero scritto o parlato che potrebbe offendere la nostra sensibilità. Ognuno di noi sa se vuole tenere conto delle polemiche, se inveire contro chi ha calpestato il nostro modo di pensare o se mettersi in discussione.
Quello che una volta poteva essere un dibattito culturale oggi sfocia spesso in un azzuffarsi, soprattutto sui social. Il tasso di suscettibilità è alle stelle: è la politica stessa che ci istiga all’intolleranza.
Tutti abbiamo dei diritti, soprattutto il diritto alla libertà di pensiero e di espressione, ma in molti paesi questo diritto non è scontato. In Afghanistan, ad esempio, le bambine non possono andare a scuola. In Iran, una donna che canta in pubblico viene messa in carcere, in Medio Oriente, terra di conflitti, odio, e intolleranze etniche c’è la caccia agli ebrei da parte delle milizie di Hamas.
Terrorismo e repressione religiosa caratterizzano il Medio Oriente, eppure ci sono esempi di convivenza in quei territori che risalgono alla Mesopotamia del 3100 a.C., con città come Ur, Sumer e Akkad che prosperavano grazie ai commerci fra culture diverse. Baghdad era una capitale dove musulmani, cristiani ed ebrei collaboravano grazie alla medicina, alla filosofia e all’astronomia. Il Sultano Solimano il Magnifico accolse gli ebrei in fuga ai tempi della persecuzione. Che cosa ha lacerato questa rete di tolleranza? Chissà se un giorno in Medio Oriente potrà esistere di nuovo la coesistenza, la convivenza pacifica.
L’espressione “convivenza pacifica” indica uno stato di equilibrio capace di garantire sicurezza e benessere, una situazione di stabilità destinata a durare nel tempo. Oggi il termine convivenza si è spogliato dell’aggettivo “pacifica” e ha assunto un significato strettamente demografico, uno status quo. Il foglio di convivenza, ad esempio, è quel modello usato nel censimento della popolazione per rilevare i dati relativi alle persone che vivono in collettività diverse dalle famiglie, cioè individui non legati da vincoli di parentela e casualmente aggregati.
Focalizziamo l’attenzione sulla convivenza nel nostro paese con gli stranieri. In Italia risultano regolarmente residenti 5.3 milioni di stranieri. Bisogna superare il confine sottile tra “noi “e “loro “perché ci sono troppe disuguaglianze. Occorre una riforma dell’attuale normativa sulla cittadinanza per garantire a tutti gli stessi diritti, abbattere le tendenze xenofobe che ci sono ancora oggi: le stragi nel mar Mediterraneo devono essere considerate tragedie civili, non qualcosa che non ci riguarda. Promuovere la convivenza pacifica con gli altri popoli permette un arricchimento in quanto possono contaminarsi culture, tradizioni e fedi differenti. Solo promuovendo e accettando questo il genere umano potrà veramente progredire.
Clarissa D’Aloisio