Il pensiero di Elsa Morante

Elsa Morante nasce a Roma nel 1912 nel quartiere popolare Testaccio. Comincia a scrivere fin da giovanissima, iniziando un’intensa attività letteraria. Inizia a comporre filastrocche e fiabe per bambini che vengono pubblicate su varie riviste, mentre nel 1935 inizia la sua collaborazione con i periodici Oggi e l’Eroica.

Una parte di questa grande mole di scritti viene raccolta e pubblicata nel 1941 in quello che è il suo primo libro: “Il gioco segreto”. Il 1941 è anche l’anno del suo matrimonio con Alberto Moravia, altro pilastro della letteratura italiana del XX secolo, che aveva conosciuto tramite l’amico Giuseppe Capogrossi. Grazie a Moravia, la Morante entra in contatto con scrittori di primo piano come Umberto Saba, Giorgio Bassani e, soprattutto, Pasolini, con cui inizia un’amicizia che durerà fino agli anni ’70.

Durante l’occupazione nazista della Capitale, la Morante si rifugia presso Fondi, nel basso Lazio, dove comincia la stesura del suo primo romanzo “Menzogna e sortilegio”, che viene dato alle stampe nel 1948 e grazie al quale vince il Premio Viareggio a pari merito con Aldo Palazzeschi. Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, la Morante inizia a collaborare con la Rai e per alcune produzioni cinematografiche, un interesse, quello per il cinema, che contribuisce a rinsaldare il rapporto con Pier Paolo Pasolini.

Nel 1957 esce il suo secondo romanzo, “L’isola di Arturo”, un grande successo sia di critica che di pubblico che le fa vincere il Premio Strega. I primi anni ’60 segnano un momento di svolta nella vita della scrittrice: la separazione da Alberto Moravia segna l’inizio di un periodo d’instabilità cui contribuisce la relazione con il pittore newyorchese Bill Morrow, che muore tragicamente nel 1962. Sono anche anni di impegno politico: le inquietudini e i timori per un conflitto nucleare sono alla base di “Pro o contro la bomba atomica” (1965) e della raccolta poetica “Il mondo salvato dai ragazzini” (1968). In questo periodo entra in contatto con esponenti del mondo della contestazione e guarda con attenzione al mondo delle borgate romane: sarà grazie a questo sguardo che compone “La Storia” che, pubblicata nel 1974, è la sua opera più discussa e importante.

Due anni dopo comincia la stesura del suo ultimo romanzo, “Aracoeli”, che viene pubblicato nel 1982. Nel frattempo, l’ossessione per la vecchiaia e gravi problemi fisici cominciano ad indebolirla sia a livello fisico che emotivo. Impossibilitata a camminare, tenta il suicidio nel 1983, ma viene salvata da una domestica. Viene quindi trasferita in una clinica di Roma dove muore d’infarto il 25 novembre del 1985.  

I suoi scritti sono modellati sulle sue esperienze autobiografiche, e le vicende biografiche dei protagonisti diventano strumento narrativo per delineare la strada da percorrere; in particolar modo è indagato l’affacciarsi dei ragazzi alla vita adulta e l’amore, che è spesso presente ma come necessità di colmare un vuoto affettivo più che come attaccamento sincero per un’altra persona. Nelle sue opere emerge una visione della realtà definita da due categorie di persone, gli Infelici Molti contrapposti ai Felici Pochi, portatori di rivolta e bellezza. Secondo la scrittrice nel linguaggio poetico ci sono gli strumenti per l’autore per combattere l’irrealtà data dalla frenesia e prepotenza della vita quotidiana, perché l’arte deve servire a questo: impedire la disgregazione della realtà e ridefinire i confini di quella nella quale si vuole vivere.

L’imponente romanzo La storia, pubblicato nel 1974, risente del lungo processo di crisi personale e di rielaborazione intellettuale attraversato dalla Morante lungo tutto il decennio degli anni ’60. La crisi economica e sociale culminata nella stagione di contestazione del ’68 pone fine al periodo d’incanto italiano che, in qualche modo, aveva ritratto ne l’Isola di Arturo, e l’inizio di una nuova stagione piena d’inquietudini.

Emanuel Impicciatore

Martina Santoiani