Ruiz Dantedì in versione Topolino

 
Ci sono tanti modi per interpretare i versi di Dante, offrendo una rilettura originale e coinvolgente de La Divina commedia. Gabriele Podestà della classe 3BI, infatti, ci propone una parodia del canto XXXIII dell’Inferno in versione Topolino!
Buona lettura!
 
Il Conte Topolino e il Barbeque in sconto
 
La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, pulendola con fazzoletti
di marca Tempo, del peccator più nefasto.
 
Poi cominciò:”Vuoi ch’io ti racconti,
col disperato dolor che’l stomaco mi preme
col sol pensier di quei dannati affronti.
 
Ma se le mie parole saranno il seme
del frutto più aspro e puzzolente,
cibo del dannato traditor, allor’mi preme.
 
“Non so chi sei, ma so che qui c’è la tua gente,
quand’io t’odo, la pratese lingua rimembro”
Dante infervorato, da subito lo smente.
 
“Chiedo venia, ma la Toscana qui v’è d’ingombro.
Costui l’è l’arcivescovo Ruggieri, io fui Conte Ugolino,
Quell’omo, invece, è la causa di tale fetore, simile a quello dello sgombro.
 
Per grandi è piccini, fui Topolino,
ma fidatomi di codesta testa simil al fondoschiena,
morii stecchito, egli fu’l dolce agnellino.
 
Arduo mi è parlar con bocca piena,
ma vuoi sapere onde la mia morte fu cruda?
Scommetti ogni denaro, mai e poi mai fu serena.
 
In una piccola cella nella Torre della Muda,
che per colpa mia è chiamata “del Fast Food tutto a metà prezzo”
onde i dannati vivran una morte cruda,
 
Vidi passare tante lune, ma in una giornata
sognai l’illustre Leonardo da Vinci,tra i geni più fieri;
egli disse:”Un’offerta increibile si palesera nella Torre dannata”
 
Dinanzi a lui, stava Ruggieri;
egli, vestito da lupo, abbaiò in mia direzione,
stranito pensai: “Tu guarda, come la consorte di Alighieri.”
 
In breve fuggii con i miei figli da quel vanesio imbroglione,
ma in breve, però, fummo stanchi,
nelle mani del fato giacevano le nostre persone.
 
Il fato corrotto, nefando e più abominevole di mille bruchi,
trascinò Ruggieri a strappare le membra dei miei figli.
Svegliato, ancora annebbiato dal vin dell’otre,
 
udii i miei figli in pianto e lamenti,
ché scordarono il cavo per ricaricare il loro magico strumento.
Se non piangi per ciò, per che cosa piangeresti allora?
 
E per chi, se non per quei pargoli in agonia?
E puoi, per amor di Dio, prestarmi cinque denari,
ché mi prenda un panino e una coppa di coca zero?
 
Si risvegliarono i miei figli
nell’ora in cui dovevamo esser nutriti,
ma tutti tememmo che i raggi del giorno penetrassero dalle tapparelle.
 
Sentii il suono della porta chiusa con poca grazia,
irato chiamai l’assistenza, ma il segnale era mutato,
e io, coi figli al fianco, urlai verso Ruggieri, il lupo travestito alla finestra.
 
Mi ritrovai impietrito, ma dalle imposte immuni.
Il mio primogenito, all’orecchio mi sussurrò:
“MBARE, AIU FAMEEEEEEEE. MU’CATTI NU PANI CA MIUUUSAAAA?”
 
Il demone più oscuro possedette il mio figliolo,
 un terron’disgraziato divenne,
peggio ancora di palermo residente.
 
Per il dolore mi morsi le tre mani,ma essi credettero fosse per fame,
e dissero:“Padre, ci farà minor danno se ti nutrirai di noi,
tu ci bla bla bla, non rimembro, m’hai compreso però.”
 
Mi calmò l’animo per non vederli in pena,
ma giunti al quarto dì, essi si adagiaron nel sonno più profondo.
Resistetti, ma il barbecue a 50 fiorini scontati nell’angolo fu la tortura piena.
 
Narrata la storia, prese la salsa e la versò sul capo dell’arcivescovo in modo furibondo ,
affondando i denti tra carne e ossa,
Ruggieri osservò con sguardo moribondo.
 
Dante, rapido, si volse, e dal profondo del cuore
l’ardita sentenza su Ugolino promulgò:
“PISA L’È LA CAUSA DEI MALI, CON GLI ORIENTALI DI PRATO E GLI SNOB DI LIVORNO.”
 
Virgilio, udito il fiorentino nasuto,
non comprese l’insensatezza di tal giudizio,
ma giurò solenne di non accompagnar mai più toscano alcuno
 
Gabriele Podestà 3BI