La “sindrome di Lazzaro” è un fenomeno tanto raro quanto affascinante, che prende il suo nome da un noto personaggio biblico, Lazzaro di Betania, resuscitato da Gesù quattro giorni dopo la morte.
La sindrome è caratterizzata dal ritorno spontaneo della circolazione (ROSC: Return of Spontaneous Circulation) dopo l’apparente fallimento della RCP, cioè delle manovre di rianimazione cardiopolmonare.
Il fenomeno è stato descritto per la prima volta nel 1982 sulla rivista scientifica Lancet. Successivamente, nel 1993 venne formalmente denominata “sindrome di Lazzaro”, in riferimento al caso di un uomo di 75 anni il cui cuore riprese a battere cinque minuti dopo l’interruzione della rianimazione.
Secondo uno studio condotto da un’équipe internazionale di medici d’emergenza, di istituzioni quali l’University Hospitals MoreCambe Bay Trust (Regno Unito), l’ospedale universitario di Losanna (Svizzera), l’Eurac Research (Italia) e la Paracelsus Medizinische Privatuniversität di Salisburgo (Austria), sono stati identificati 65 casi documentati dal 1982. Tra questi, un terzo dei pazienti è sopravvissuto e l’82% di loro non ha riportato danni neurologici.
Nonostante l’interesse scientifico crescente, le cause esatte della sindrome di Lazzaro rimangono sconosciute. Tuttavia, diverse teorie cercano di spiegare i meccanismi alla base di questo evento: Normalizzazione della pressione intratoracica: durante la RCP, un’eccessiva ventilazione può aumentare la pressione all’interno del torace, riducendo il flusso di sangue verso il cuore. Quando le manovre di rianimazione vengono interrotte, la pressione si abbassa, permettendo al sangue di tornare al cuore e al nodo senoatriale di riattivarsi, ripristinando l’attività cardiaca.
Ritardo nell’effetto dei farmaci: i farmaci usati durante la rianimazione potrebbero non raggiungere subito il cuore a causa dell’alta pressione intratoracica. Interrompendo la ventilazione, i farmaci riescono finalmente a raggiungere il cuore e stimolare il suo funzionamento.
Stordimento miocardico: dopo un arresto cardiaco, il muscolo cardiaco può temporaneamente funzionare male. Questo problema si risolve autonomamente col tempo, permettendo al cuore di riprendere il battito.
Dislocazione spontanea della placca coronarica: una placca nelle arterie coronarie, responsabile di un infarto, potrebbe spostarsi durante la RCP, migliorando il flusso sanguigno.
Auto-PEEP e iperinflazione polmonare: una ventilazione troppo rapida o inadeguata può causare un’iperinflazione polmonare che ostacola il ritorno venoso. Fermare la ventilazione permette al sangue di fluire di nuovo verso il cuore e far ripartire il battito.
Nonostante la rarità del fenomeno, sondaggi internazionali indicano che il 37% – 50% degli anestesisti e rianimatori ha osservato almeno un caso di sindrome di Lazzaro. Gli episodi più comuni si verificano entro dieci minuti dall’interruzione della RCP, con una media di cinque minuti. Questo suggerisce l’importanza di monitorare i pazienti con elettrocardiogramma per almeno dieci minuti prima di dichiararne il decesso. In Italia, la legislazione è particolarmente prudente rispetto ad altri paesi, prevedendo un accertamento con venti minuti di elettrocardiogramma piatto per confermare la morte, riducendo così il rischio di dichiarazioni premature.
Il fenomeno di Lazzaro rappresenta una sfida per la medicina d’emergenza e una finestra su processi fisiologici ancora poco compresi. Sebbene sia raro, è probabile che sia sottostimato a causa di segnalazioni incomplete. Continuare a studiare questi casi è fondamentale per migliorare le linee guida sulla RCP. La ricerca in questo campo potrebbe aprire nuove prospettive sul confine tra la vita e la morte.
Riccardo Abate