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“La giustizia non è certezza, ma una ricerca ostinata di senso”

di Laura Grimaldi, Cecilia Leonetti e Ludovica Zocchi, 1d

Non capita spesso che il volto della giustizia entri in un liceo, si sieda davanti a te, ti guardi negli occhi e inizi a raccontarsi. È successo al Liceo “D’Oria”, dove il dottor Giuseppe Longo, Sostituto Procuratore della Repubblica di Genova, ci ha incontrati ponendosi con umiltà ed estrema disponibilità.

Lontano dall’immagine rigida e distaccata che spesso si cela dietro le toghe, Longo ha spiegato con parole chiare cosa significa essere un magistrato: non dare per scontata la condanna, ma ricercare la verità, anche se quella verità porta ad una assoluzione.

Longo ci ha guidati dentro le fasi del processo penale: dalla notizia di reato alle indagini, fino alla sentenza. Ci ha spiegato che dietro ogni decisione ci sono storie, vite reali e che la giustizia richiede equilibrio, pazienza, umiltà. Non è una macchina fredda, ma un meccanismo delicato, fatto di regole ma anche di coscienza.

Ha descritto l’aula di tribunale ed i ruoli dei singoli attori: giudice, pubblico ministero (che gli siede proprio di fronte), avvocati e imputati. Ma più che i ruoli, ha sottolineato il significato: lì dentro si gioca una parte della dignità di una persona. Anche per questo, occorre ricordarsi sempre dell’umanità di chi si ha di fronte.

Infine, ha descritto come si arriva alla sentenza; il momento in cui il giudice, dopo aver ascoltato tutte le parti, prende una decisione con senso di responsabilità e con la consapevolezza che ogni parola pronunciata in aula può cambiare una vita.

Ha toccato temi complessi come: il fermo di un sospettato quando c’è pericolo di fuga o di reiterazione del reato; i reati gravi come l’omicidio, che finiscono davanti alla Corte d’Assise, dove i cittadini, in qualità di giudici popolari, siedono accanto ai togati.

Quando gli abbiamo chiesto se il sistema giudiziario italiano fosse adeguato nel trattare la violenza di genere, ha voluto evidenziare come la giustizia arrivi tardi e che quando si entra in tribunale, qualcosa di grave sia già successo. È qui che ha parlato della necessità di fare prevenzione, educare, formare nelle scuole, in famiglia, tra i media; facendoci capire come il cambiamento cominci da noi.

Ne  L’orizzonte della notte, Carofiglio scrive che la giustizia non è mai un terreno di certezze assolute, ma una ricerca ostinata di senso in mezzo all’oscurità. In questo incontro abbiamo capito che anche nella realtà la giustizia è fatta di domande, dubbi, attese. Non è mai perfetta, ma può essere umana, se chi la esercita sa ascoltare, riflettere e mettersi in discussione.

La giustizia, quella vera, non si trova solo nei codici ma vive nelle scelte difficili, nelle domande senza risposta e nel dubbio che non smette di cercare un senso.

L’ orizzonte della notte” di Gianrico Carofiglio, narra di Guido Guerrieri, un avvocato barese malinconico e riflessivo, che affronta una crisi personale e professionale. Il caso che lo coinvolge riguarda Elvira Castell, una donna accusata di aver ucciso l’ex cognato violento. Lei sostiene di aver agito per legittima difesa, per proteggere se stessa e la memoria della sorella, vittima di abusi e suicida.

Su questo punto, si crea un collegamento con ciò che Giuseppe Longo ci ha raccontato: anche nella realtà, la valutazione della legittima difesa non è mai semplice o automatica, ma richiede un’analisi profonda del contesto, delle intenzioni, della proporzionalità della reazione.

Entrambi – libro e realtà – mostrano quanto il processo sia una ricerca complessa, in cui la verità giuridica deve fare i conti con il dolore, la paura e i vissuti delle persone.

Prima di salutarci, ci è rimasta una domanda che avremmo voluto porre al dottor Longo:

C’è spazio per l’empatia nel lavoro di un magistrato?”

A questa domanda vorremmo dare noi una risposta. Speriamo in una giustizia che abbia rispetto per chi subisce e per chi sbaglia e che l’empatia, se accompagnata dal rigore e dalla coscienza del proprio ruolo, non sia una minaccia ma ciò che la rende davvero tale.