Si narra che, nelle notti di luna piena, quando il silenzio avvolge la costa siciliana, si possa ancora udire l’eco di un dialogo antico. Un dialogo tra due forze primordiali, custodi dell’isola. Etna il gigante di fuoco, e Mare, l’anima del Mediterraneo.
Etna, avvolto nella sua nube di fumo, osservava il mare che lambiva la costa. Non era un dialogo fatto di parole, ma di silenzi carichi di significato, di soffi di vento che portavano con sé storie millenarie.
A un tratto Etna tuonò:”Mari, chi t’agita sta notti? Pari ca ‘u munnu ti sta chiamannu!”
Mare, con un sussurro, rispose: “Etna, ‘un senti li vuciì di li sireni? Cantanu di citati affunnati, di tisori ammucciati.”
Etna ricordava i tempi in cui i ciclopi forgiavano i fulmini nelle sue viscere, quando l’isola tremava sotto i colpi del suo cuore ardente e borbottò: ” ‘Un mi scantanu li sireni, ma li viddani ca scavunu ‘nta li me visciri, circannu l’oru!”
Mare, con il suo eterno movimento, raccontava di viaggi infiniti, di terre lontane e culture diverse. Le sue onde sussurravano storie di marinai coraggiosi, di sirene ammaliatrici, di città sommerse che custodivano segreti inconfessabili. Si narrava di una città, un tempo fiorente, oradimora di creature metà uomo e metà pesce, custodi di un tesoro che avrebbe potuto risvegliare la furia degli dei.
Mare sospirò: ” ‘U tisoru è sicuru, Etna. Ma ‘u tempu passa, e li stori si pèrdinu. C’è lu risicu ca quarchidunu s’arricorda.”
Etna, con un bagliore improvviso, illuminava la notte, come a voler ricordare la sua potenza. Sapeva che quel tesoro, se profanato, avrebbe scatenato la sua ira, e l’isola intera avrebbe tremato. Mare, con un movimento dolce, lambiva la scogliera, come a rassicurare il gigante di fuoco. Il tesoro era al sicuro, custodito nelle profondità marine, protetto dal suo potere.
Etna tuonò: ” ‘Un tuccari ‘u tisoru, o ti fazzu vèniri a tìmpiesta!”
Mare rispose calmo: ” ‘Un ti scantari, Etna. ‘U tisoru è ‘u segretu di la nostra terra, e nuddu lu tuccherà.”
E il dialogo continuava, un dialogo fatto di sguardi e silenzi, di suoni e odori. Etna ricordava le eruzioni passate, le colate di lava che avevano plasmato il paesaggio, le ceneri che avevano fertilizzato la terra. Mare raccontava delle tempeste furiose, delle onde che si infrangevano sugli scogli, della vita che brulicava nelle sue profondità.
Entrambi sapevano che la loro danza era eterna, un equilibrio precario tra fuoco e acqua, tra terra e mare. Un equilibrio che aveva plasmato la Sicilia, rendendola un luogo unico, un crocevia di culture e tradizioni.
E accussì, ancora oggi, ‘nta li notti di luna china, si pò sèntiri l’ecu di ddu dialogu anticu, nu dialogu ca cunta la storia di n’ìsula, la sò anima, la sò essenza. Nu dialogu tra dui forzi primurdiali, Etna e Mari, custodi eterni di Sicilia.
Vittoria Giovanniello 4 BL
