La scuola è spesso descritta come il luogo dove si costruisce il futuro.
Fin da piccoli ci dicono che lì impareremo a leggere, a scrivere, a contare, a pensare. Ci spiegano che la scuola è importante, perché è il primo passo per diventare qualcuno nella vita. E in parte è vero.
Ma c’è un lato della scuola di cui si parla meno: quello che fa male. Perché sì, la scuola, a volte, può far male.
Ci fa male quando non ascolta, quando mette etichette invece di fare domande, quando lo studente non si sente capito né rispettato, soprattutto se ha un modo diverso di imparare, se vive un disagio, o se sta attraversando un periodo difficile.
Fa ancora più male quando chi dovrebbe proteggerti resta in silenzio davanti a un insulto, a una risata cattiva, a un’esclusione.
Il bullismo non sempre urla: a volte si nasconde nei gesti piccoli ma ripetuti, in quella solitudine che nessuno sembra notare.
Non deve essere per forza così.
La scuola può cambiare.
Può diventare un luogo che cura, che accoglie, che costruisce.
Un luogo dove ci si sente liberi di sbagliare senza paura, e di imparare anche dalle proprie fragilità.
Un luogo dove ogni voce conta e ogni differenza è un valore.
Una scuola che fa bene non ha paura di cambiare, sa mettersi in discussione, ascoltare gli studenti, aggiornarsi, uscire dagli schemi quando serve.
È una scuola viva, che riconosce che l’apprendimento non è uguale per tutti, e che non c’è un solo modo giusto per arrivare alla meta.
Alcuni hanno bisogno di più tempo, altri di meno teoria e più pratica. Alcuni imparano meglio in silenzio, altri hanno bisogno di muoversi, parlare, creare.
La scuola non è solo compiti e interrogazioni. È relazioni, emozioni, incontri. È un’occasione per imparare a vivere con gli altri, a conoscersi, a scoprire chi si vuole diventare.
Se questo spazio diventa fonte di dolore, allora è un dovere di tutti fermarsi e riprogettarlo.
Eppure, ci sono ancora troppi occhi abbassati nei corridoi.
Troppi zaini pesanti non solo di libri, ma di paure, di insicurezze, di parole non dette. Ci sono studenti che ogni mattina si alzano con il nodo allo stomaco, non perché non abbiano studiato, ma perché sanno che a scuola non troveranno un posto sicuro. Perché lì si sentono inadeguati, sbagliati, fuori posto.
Serve il coraggio di guardare in faccia il dolore che a volte la scuola provoca. Di ammettere che qualcosa non va. Che se un bambino ha paura di andare in classe, se un adolescente si chiude in sé stesso, se un voto diventa un’etichetta invece di uno stimolo, allora c’è bisogno di cambiare.
Facciamoci del bene.
Anna D’Ercole