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“Ti chiedo scusa di averti messo al mondo”. La senatrice Segre ricorda le ultime parole del padre ad Auschwitz

Il 19 gennaio 2018 il Presidente della Repubblica SergioMattarella ha nominato senatrice a vita la reduce della furia nazista Liliana Segre. Il genocidio, ieri e oggi, come annientamento della personalità dell’individuo.

Il 27 Gennaio 2018 si è ricordato, in occasione della Giornata della memoria, le vittime dell’olocausto. La decisione di instituire un giorno affinché venga tenuto sempre vivo il ricordo di un simile genocidio venne presa dall’Onu al fine di evitare che se ne ripetano altri.

È bene ricordare, però, che il 27 gennaio non è una data scelta a caso. In questa data del 1945 le truppe sovietiche riuscirono ad oltrepassare i cancelli di Auschwitz e comunicarono al mondo intero, tenuto ufficialmente all’oscuro di tutto, ciò che il governo del Terzo Reich aveva commesso. Da lì cominciò la caduta della Germania Nazista che condusse alla sconfitta totale avvenuta, peraltro, nello stesso anno.

Quest’anno la cerimonia è stata particolarmente viva, in quanto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha nominato in data 19 gennaio 2018, in occasione della promulgazione delle leggi raziali in Italia nel 1938, come Senatrice a Vita, Liliana Segre, antifascista e reduce dell’olocausto di Auschwitz.

In una videointervista rilasciata dal quotidiano “La Repubblica”, Liliana Segre racconta con una nota di malinconia e angoscia lo stato d’animo che vivevano i deportati nell’essere trasportati “come bestie” dalle truppe nazifasciste, indifferenti ad ogni minima richiesta di aiuto. Il racconto della Segre è quello di una bambina che vede e percepisce la sofferenza di un padre, colto nell’attimo estremo della sua disperazione che, come afferma in un’altra intervista rilasciata dall’Ansa, arrivò a dire : “Ti chiedo scusa di averti messa al mondo”.  Gli occhi e il cuore della Signora Segre sono ancora gli stessi di quella bambina di 13 anni a cui veniva chiusa la porta della scuola di Via Ruffini a Milano e che adesso, le è stata aperta la porta del Senato della Repubblica a Roma. Il ricordo più vivo è forse la confusione dei deportati dovuta ad uno stato di non conoscenza, ma allo stesso tempo ben consapevoli che di lì a poco famiglie sarebbero state divise, padri e madri non avrebbero mai più visto i loro figli e molti di essi con molte probabilità non sarebbero usciti vivi da quell’inferno chiamato Auschwitz. A ciò vi era contrapposta l’indifferenza più totale dinanzi a quello sterminio perfettamente studiato con particolari scientifici dettagliati.

Ed è proprio l’indifferenza ciò che la Sen. Segre, accusa. Un’indifferenza presente negli sguardi di tutti coloro che osservava, talvolta dettata dalla paura e dall’impotenza dinanzi alla furia nazista, che rendeva inermi al cospetto di quello spettacolo di morte e disperazione più totale.

Quello compiuto dalle truppe nazifasciste nel secolo scorso, è soltanto uno dei tanti genocidi della storia dell’umanità. La parola “genocidio” sta a significare la perdita e l’annientamento di ogni radice culturale che rende quell’individuo appartenente ad una società. Lo scopo dei nazisti era, indubbiamente, quello di eliminare completamente l’etnia ebraica.

Nel contempo sarebbe bene, però, cercare di ricordare i genocidi che si sono susseguiti prima e dopo di quello compito dalla Germania del Terzo Reich.

Nel periodo della Grande Guerra, a macchiarsi di tale colpa furono i Turchi, i quali opposero una resistenza politica al popolo armeno a partire dal momento in cui vinse le elezioni politiche del Paese il movimento dei “Giovani Turchi” i quali, ispirati da ideologie nazionaliste, vollero eliminare ogni presenza armena dal suolo turco. Interi villaggi vennero distrutti e popolazioni lasciate morire di stenti nel deserto per interminabili giorni. La Turchia ha, tuttavia, sempre negato ogni responsabilità ma, rimane ancora oggi il divieto assoluto per gli Armeni di entrare nel territorio turco.

Se nel 1945 furono proprio le truppe di Stalin a liberare i deportati di Auschwitz, pochi anni prima lo stesso capo sovietico si macchiò di una terribile colpa, ovvero una vera e propria oppressione esercitata sul popolo ucraino, il quale osò ribellarsi al volere dell’URSS per quanto concerne la collettivizzazione di terre e prodotti, come previsto dall’ideologia comunista che, peraltro, danneggiava gravemente l’economia ucraina, causando anche numerose carestie. Mosca rispose con la chiusura delle frontiere ucraine, confisca di generi alimentari, divieto di qualsiasi forma di commercio in quelle terre e ultimo, ma non per importanza, la deportazione di civili nei Gulag in Siberia.

Nel 1992, negli anni dei conflitti bellici negli stati della ex Jugoslavia, in Bosnia venne compiuto un ennesimo genocidio di massa, riconosciuto come tale dalla corte dell’Aja nel 2007. Questa volta vi erano motivi religiosi che si inseriscono pienamente in quelli che, come noto a tutti, causarono i conflitti in terra balcanica negli anni che seguirono la caduta del muro di Berlino. In particolar modo, si rammenda il massacro di Srebrenica compiuto dalle forze comuniste nei confronti dei musulmani bosniaci. Il conflitto causo più di 10000 vittime, di cui solo una parte identificate, e migliaia di dispersi.

Passando, invece, all’attualità, si nota con immenso rammarico che il fenomeno ancora non accenna a terminare, nonostante i numerosi interventi da parte dell’Onu e le sentenze della Corte dell’Aja. E’ cronaca recente il genocidio compiuto nel 2003 in Darfur, territorio compreso nel Sud Sudan. Il conflitto vede opposte una minoranza araba contro una maggioranza nera. Il modo di agire è spietato. A seguito di attentati vengono violentate donne dei villaggi, uccisi uomini, rapiti bambini e costretti a diventare soldati, avvelenati pozzi, causando da oramai 15 anni solo morte e disperazione. Visti i fatti sopracitati, con giudizio della Corte dell’Aja, si è attribuito lo status di genocidio a tali fenomeni.

Il genocidio è, quindi, una pratica che preclude motivazioni politiche attuata da tempi remoti. Quelli sopracitati sono soltanto alcuni dei tanti avvenuti nel corso della storia, molti dei quali, oramai, sono stati dimenticati o, peggio ancora, in nome di quell’indifferenza richiamata dalla Sen. Senger, non vengono considerati dalla società come tali.

Il 27 gennaio non è soltanto un’occasione per ricordare le vittime dell’Olocausto, ma a al contrario evitare che generazioni future si ritrovino nella condizione di vittime o fautori di altri genocidi, e soprattutto, evitare che l’indifferenza, come ricorda  la Sen.Senger, prenda il posto alla razionalità e prevalga sulle facoltà intellettive dell’essere umano.

Francesco Scarpati