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Il ju jitsu come passione e lavoro, intervista a un maestro

Di Massimiliano Pizzo e Sara Roscetti

Libano, Giappone,Jugoslavia, Cuba: una vita di viaggi per conoscere le arti marziali. Intervista al maestro Anthony Alche

La storia di Anthony De Santos Alche inizia in Libano all’età di sei anni quando comincia a praticare il ju jitsu tradizionale da un maestro giapponese di nome Ushiro Kotomoto.

Dopo 7 anni di attività ,prima il maestro poi dopo qualche anno l’allievo, si trasferiscono in Giappone a causa della guerra libanese del 1978 per perseguire gli studi e apprendere nuove discipline. Qui Anthony ottiene il 3° dan cintura nera di ju jitsu, si trasferisce quindi in Jugoslavia e raggiunge , dopo quattro anni di permanenza, il 4°dan cintura nera.

Nel 1989 arriva in Italia e qui comincia ad insegnare arti marziali nelle palestre avendo nel frattempo acquisito la qualifica di maestro di ju jitsu 7°dan cintura nera.

La passione nella tua vita è quindi il ju jitsu, ma in che cosa consiste quest’arte marziale giapponese?

A livello tecnico il ju jitsu si definisce come l’arte della flessibilità e fluidità, proprio come l’acqua, in cui si sfrutta la forza dell’avversario contro se stesso. Già dal 1500 lo si cominciava a praticare e lo possiamo definire come la madre di tutte le arti marziali giapponesi poiché da essa derivano per esempio il karate, il judo, l’aikido, il ninjitsu e il aikijitsu.

Ogni disciplina completa l’altra e tutte formano il ju jitsu, come le parti di un corpo umano.

Nel tuo percorso di studi hai conosciuto vari maestri e primo fra tutti il maestro Kotomoto, chi più di tutti ha segnato la tua vita?

Sicuramente il maestro Kotomoto mi ha iniziato nel vasto mondo delle arti marziali, ma posso dire di avere conosciuto una figura che io definisco spesso una leggenda vivente: il maestro Jose Fernando Cuspinera Navarro.

L’ho incontrato all’inizio degli anni 2000 ed è con lui che ho cominciato una nuova disciplina, il ju jitsu kansen ryu, un’arte marziale proveniente da Cuba usata ancora oggi dai soldati e da lui fondata nel 1981.

Il maestro possiede molte altre qualifiche a livello di arti marziali, tra cui judo, karate e ju jitsu tradizionale e soprattutto è il presidente in carica dell’associazione internazionale W.E.L.C.A.M. che rappresento.

Con lui mantengo ancora i contatti e spesso organizziamo degli stage qui in Italia per far conoscere la sua disciplina.

Quali sono le altre discipline che hai studiato ?

Quando sono andato in Cina ho praticato come bagaglio culturale personale il kung fu, che poi ho continuato qua in Italia con altri maestri; in Giappone ho conosciuto le altre discipline che derivano

dal ju jitsu; e infine il kali filippino (arte marziale col bastione).

Hai fatto qualche competizione durante tutto il tuo percorso ?

Si , ho fatto varie gare quando ero in Jugoslavia, nell’università in cui stavo.

Il punto è che oggi il ju jitsu non comprende una vasta quantità di combattimenti ufficiali poiché lo si può definire come un’arte marziale pericolosa in cui si utilizzano anche armi bianche come sai, nunchaku, coltelli, spade e altre.

Anche per questo il judo è più popolare per le competizioni, perché consiste soltanto nel proiettare e immobilizzare l’avversario.

 

Quando sei arrivato qui in Italia hai cominciato ad insegnare, cosa significa questo per te e che rapporto hai con i tuoi allievi?

Personalmente le arti marziali mi hanno cambiato molto, da quando ero piccolo fino a adesso.

Ho fatto molte esperienze belle e ho addirittura mollato gli studi di medicina per dedicarmi completamente al ju jitsu.

Insegnare per me significa molto e ogni giorno che vedo un bambino,un allievo crescere e diventare maturo e venire poi da me e dirmi grazie maestro per quello che hai fatto perché mi hai aiutato tanto, questo per me è un onore e io sono contento di questo.

Per me questo è meglio di soldi ,di medaglie,meglio di tutto, ed è il migliore riconoscimento che un maestro possa ricevere.