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Hopper: l’unicità dell’artista americano al Complesso Vittoriano

E’ dedicata ad Edward Hopper , icona dell’arte americana del XX secolo, la grande mostra allestita fino al 12 febbraio 2017 al Complesso del Vittoriano.

La mostra si apre con il grande autoritratto dell’artista che con la sua particolare luce e l’inusuale posa del soggetto, introduce lo stile quasi cinematografico di Hopper, stile tanto personale che nessuna definizione risulta davvero esaustiva.

In tutto sono presenti sessanta opere, che coprono l’intero arco della sua carriera artistica, divise in sei sezioni cronologiche e tematiche. Sono dunque presenti le opere del periodo parigino, ritratti e paesaggi, disegni preparatori, incisioni e olii, acquerelli e immagini di donne incantevoli.

I quadri nell’esposizione, illuminati perfettamente dando risalto agli importantissimi giochi con la luce con i quali Hopper rende le sue rappresentazioni cinematografiche, raccontano perfettamente l’idea dell’America dell’artista: un’America che non ha nulla di eroico o scontato, ma che per lui è una sorta di spioncino attraverso il quale osserva con malinconia l’alienazione dell’uomo di fronte al frenetico progresso della società moderna. Un tema attualissimo che spiega il suo successo presso il grande pubblico. Le grandi distese polverose squarciate da strade poco trafficate, incandescenti per via del sole dell’est, le notti buie illuminate dalle insegne al neon di qualche bar poco frequentato, i distributori di benzina, gli edifici di una metropoli, la luce naturale che gioca con le pareti, le donne, ritratte in camere semivuote o sul ciglio di una porta, sensuali eppure distaccate, scene di una solitudine cristallizzata: questo è ciò che troverete in questa mostra tra il Surrealismo e l’Impressionismo

Tipico della pittura di Hopper è lo stampo quasi metafisico che da alle sue scene: il silenzio, che sembra pervadere tutti i suoi lavori. Non solo quelli in cui appare l’uomo, ma anche solo strade di città, interni di case, di uffici, di teatri, caffè deserti, dove raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, emerge una inquietante incomunicabilità tra i soggetti.

Hopper non è solo il pittore dei silenzi, degli spazi metafisici e della città ma anche di tutti quegli stereotipi della cultura americana che poi hanno ispirato il cinema, la fotografia e addirittura la pubblicità; esempi celebri della sua influenza nel cinema li abbiamo con i film di Hitchcock e Dario Argento: quell’ambientazione metafisica – ottenuta col gioco delle luci e dal contrasto tra i particolari della casa e l’ambiente privo di riferimenti spaziali –è perfetta per incutere senso di inquietudine nello spettatore.

L’esposizione rende merito al grande artista americano, esaltando la sua bravura come disegnatore, il suo particolare uso dei colori e la sua superba abilità nel uso della luce, dando un quadro generale dello sviluppo del pittore ordinando i suoi quadri cronologicamente.

di Valentina Mancino