Netflix colpisce la vita degli adolescenti

Il 31 marzo del 2017 Netflix pubblica sul sito web una nuova serie che rapisce i giovani.

“13 Reasons Why” è il titolo della nuova serie che recentemente ha spopolato fra i più giovani. Il tema è di grande attualità e denuncia una realtà comune fra i teenager.

Una ragazza, Hannah Baker, decide di togliersi la vita senza lasciare alcun biglietto, nessun indizio, eccetto alcune cassette. Esattamente tredici cassette che chiariscono i motivi della sua tragica decisione. Ogni cassetta è dedicata a qualcuno che ha spinto la ragazza al suicidio, avendo provocato dolori e sofferenze nella sua vita.

Inizialmente può sembrare una trama banale: una ragazza che, a seguito di diverse problematiche, decide di mettere un punto a tutte le sue sofferenze. Negli ultimi anni la ragazza ha visto, ha subito tanto, troppo per una diciassettenne. Sfortunatamente, però, al giorno d’oggi, non esiste ragazzo che non abbia provato sulla propria pelle almeno uno degli avvenimenti raccontati da Hannah su quelle cassette. E probabilmente l’intento di Brian Yorkey (ideatore della serie) è proprio questo. Egli vuol far arrivare un importante messaggio a tutto il mondo, dai più giovani che iniziano ad approcciarsi con questo mondo crudele, sino ad arrivare ai più grandi, che fin troppo spesso sottovalutano i segnali dei figli, degli studenti e così via.

Le parole, i gesti, sono le armi più potenti che abbiamo. Dovremmo saperle usare in modo corretto perché nella serie è toccato ad Hannah urlare il suo “basta”. Ma nella vita vera, giorno dopo giorno, come già è successo, può accadere a chiunque.

In tanti hanno ucciso Hannah Baker. Non ha registrato una o due cassette, bensì tredici. Il regista ha deciso di rimarcare questo concetto: fin troppe persone l’hanno uccisa.

Non ci curiamo dei piccoli gesti, non ci curiamo delle parole gettate su qualcuno durante un attimo di rabbia, non ci curiamo neanche mai di rimediare. O, forse, non ci curiamo neanche di aver lacerato una parte dell’anima di quella persona. E quando ci si sente soli? Soli davvero, anche in mezzo alla gente. Nessuno si accorge di quanto soffri, nessuno si accorge della finzione di alcuni sorrisi, nessuno bada ad indagare se quel “sto bene” sia realmente sincero. Nessuno ci pensa. E ci si sente profondamente soli.

Magari crediamo che il tempo possa sistemare tutto. Ma ci sono ferite che neanche esso può rimarginare. Magari qualcuno avrebbe potuto salvare la giovane, ma più il tempo scorreva e più accanto a lei si andavano creando enormi spazi di vuoto. Amate, ridete, dite “ti voglio bene”, “sei bellissima”, preoccupatevi dei “sto bene”, correte sotto casa della persona che ve lo ha scritto, perché forse sta mentendo. Potrebbe essere troppo tardi un giorno.

Il regista ha proprio denunciato una realtà: se nessuno ti aiuta a salvarti, se nessuno ascolta il tuo dolore, se sei davvero solo, inizi a commettere sbagli dai quali, come nel caso di Hannah, non si torna più indietro.

Per scoprire come Clay, Justin, Alex e così via, hanno cambiato la vita di Hannah, ritengo opportuno andiate a scaldare i pop corn. È una serie da consigliare poiché spinge i più giovani a capire le conseguenze e il vuoto che un suicidio può causare, rende l’idea di un punto di arrivo senza possibilità di acquistare un biglietto per il treno di ritorno. Ma fondamentale la visione di queste tredici puntate (di durata dai 49 ai 61 minuti), poiché il messaggio dovrebbe venir accolto da tutti: azioni, parole, possono cambiare profondamente la vita di chiunque. Il prossimo assassino potresti essere tu.

 

Sara Tarantino